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Quali strumenti di partecipazione dei lavoratori sui luoghi di lavoro devono essere promossi in via prioritaria? È questa la domanda che sarà sottoposta dai vertici del Movimento 5 Stelle agli iscritti grillini sulla piattaforma Rousseau.

Oggi infatti sul blog di Beppe Grillo è stato pubblicato il primo post del programma Lavoro in fieri di M5S. Il post è firmato dal sociologo Giuseppe Della Rocca, docente all’università della Calabria. Non un professore notissimo ai più, ma conosciuto tra gli addetti ai lavori che si occupano di lavoro e organizzazione di impresa. Nato nel ’39 a Torino, con un passato anche nella Fiom-Cgil (“Funzionario sindacale e componente della segreteria provinciale della FIOM-CGIL della federazione di Palermo nel 1962-63. Dal 1963 al 1966 membro del coordinamento sindacale Fiat e dell’esecutivo provinciale della FIOM-CGIL di Torino, si legge nella sua biografia) e autore di libri con economisti di spicco come Luigi Prosperetti e Carlo Dell’Aringa, economista del lavoro alla Cattolica ed ex sottosegretario al Lavoro nel governo Letta, Della Rocca ha scritto anni fa un paper anche per la rivista Italianieuropei sulla pubblica amministrazione.

Nel post di Della Rocca sul blog di Grillo, comunque, non c’è una chiara indicazione sul modello da seguire per incrementare la partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende. Mentre nel post di introduzione firmato ieri da tre parlamentari grillini si indicava chiaramente di voler “promuovere forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione, tagliando al tempo stesso i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale” (“la presenza e l’incidenza del lavoratore nella governance della propria impresa, per il movimento 5 stelle, va disintermediata”, aggiungevano i parlamentari criticando le confederazioni), il sociologo della Rocca illustra le principali vie per aumentare o rafforzare le modalità di partecipazione dei dipendenti alla vita e alla gestione delle aziende.

Da “suggerimenti e proposte su come è organizzato il lavoro” (come è successo alla Fiat di Pomigliano, scrive) alla possibilità di “scelta del proprio orario di lavoro” (“ci sono aziende che hanno abolito la timbratura”), dai modelli già realizzati “nel nord Europa” con “rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione per discutere strategia e risorse aziendali”, fino alla partecipazione agli utili aziendali, “come già si riscontra ad esempio in alcuni contratti collettivi firmati dalle organizzazioni sindacali”.

ECCO IL POST INTEGRALE DEL PROF. DELLA ROCCA:

La partecipazione del lavoratore sui luoghi di lavoro per conoscere, per decidere, è una questione molto sentita. Molto sentita dai datori di lavoro e dal management, che desidera un coinvolgimento del lavoratore sulle cose che fa; poi ci sono i sindacati che auspicano una maggiore partecipazione dei lavoratori alle decisioni; e poi regole istituzionali e leggi, non molto frequenti in Italia ma diffuse in Germania o in altri Paesi, che stimolano la partecipazione da parte dei lavoratori.

Mi soffermerò solo su alcuni di questi aspetti, come ad esempio, poter dire la propria su come è organizzato il lavoro, anche attraverso proposte e suggerimenti. Questo è abbastanza diffuso in grandi industrie come a Pomigliano nello stabilimento Fiat: l’azienda ha ricevuto circa diecimila proposte su come organizzare meglio il lavoro, come migliorare la qualità del lavoro, eccetera. Non si tratta di proposte di carattere tipicamente sindacale e rivendicativo, sia chiaro. Un altra modalità è partecipare a gruppi di miglioramento che vengono istituiti nelle aziende, per individuare gli sprechi, le cose che non funzionano, insomma per migliorare la stessa qualità del lavoro.

Un’altra modalità di partecipazione è avere spazio di scelta del proprio orario di lavoro: ci sono aziende che hanno abolito la timbratura -il cosiddetto “tempo scelto”-, oppure tempo scelto in entrata o in uscita dal luogo di lavoro, non seguendo più l’orario standard del luogo di lavoro.

Altri aspetti sono invece legati alla rappresentanza del lavoratore in azienda. Una delle domande chiede se avere dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori per la gestione quotidiana dei problemi organizzativi in azienda. Questo non vuol dire avere rappresentanza solo sindacale, ma avere una rappresentanza dei lavoratori in quanto tali, eletti dai lavoratori stessi. In modo molto più istituzionale, già realizzato in nord Europa, è possibile avere rappresentanti dei lavoratori nei consigli di Amministrazione, per discutere la strategia e le risorse aziendali. 
Ulteriori opzioni, più contrattuali e meno organizzative, prevedono il partecipare agli utili aziendali, come già si riscontra ad esempio in alcuni contratti collettivi firmati dalle organizzazioni sindacali.

L’insieme di queste domande si muove quindi su più livelli, il primo dei quali è la partecipazione diretta: esprimere la propria opinione, dare dei suggerimenti, partecipare a gruppi di miglioramento per l’innovazione organizzativa e la qualità del lavoro, scegliere il proprio orario di lavoro compatibilmente sempre con le disponibilità aziendali. Questa è quella che in generale si chiama partecipazione diretta. Poi da qui si giunge alla partecipazione indiretta, ovvero i rappresentanti eletti direttamente da tutti i lavoratori o rappresentanti nei Consigli di Amministrazione: due cose ancora diverse, perché il primo caso è in funzione di tutela del lavoro qualsiasi esso sia, eletti da tutti; invece i rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione è più istituzionale, più “alto”. Saranno pochi, discuteranno dei bilanci, dei nuovi prodotti, e purtroppo al giorno d’oggi anche di dismissioni aziendali e possibilità di ricorso alla cassa integrazione in caso di crisi. E poi potranno partecipare agli utili dell’azienda, questo è un istituto quasi contrattuale, per cui invece di dare un premio di produzione o un incentivo, sarà possibile essere pagati con gli utili dell’azienda.

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