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Il risultato del voto americano e l’incertezza sulla politica estera e di difesa del prossimo presidente degli Stati Uniti non devono spaventare l’Europa e la Nato. Lo ha detto il ministro della Difesa Roberta Pinotti intervenendo all’evento “Quali sviluppi per le capacità Nato?” organizzato a Roma dall’Istituto Affari Internazionali (Iai) con il sostegno della Divisione diplomazia pubblica dell’Alleanza atlantica. “Con l’elezione di Trump non cambierà molto per la Nato, sia per quello che è l’Alleanza atlantica che per quello che è al suo interno l’impegno degli Stati Uniti”, ha detto la Pinotti. “Anche l’invito a un maggior impegno degli Alleati non è una novità da parte della presidenza statunitense”, ha aggiunto il ministro ricordando che anche la Clinton, da Segretario di Stato, aveva più volte invitato gli Stati europei a una partecipazione più decisa nell’Alleanza. “Certo ci vorranno degli aggiustamenti, ma l’Alleanza ha già dimostrato un’incredibile duttilità e continuerà a essere coesa e solida”.

IL RUOLO ITALIANO NELLA NATO 

Eppure, di fronte a un quadro di minacce molto complesso, prima del Summit di Varsavia dello scorso luglio, “l’attenzione della Nato al fronte sud non era scontata, così come il dialogo tra Alleanza atlantica e difesa europea”. L’Italia “ha lavorato tanto” su questi due punti, ha rivendicato la Pinotti. Ora, “la presenza Nato nel Mediterraneo resta quella di maggior interesse per l’Italia”. E proprio alla forte spinta del nostro Paese si deve, infatti, il fatto che “la missione Active Endeavour sia diventata Sea Guardian, rivolta contro la nuova minaccia terroristica”. Ma anche sul tema della difesa dell’Unione europea l’Italia ha lavorato tanto, “grazie a una stretta collaborazione tra i due ministeri, Esteri e Difesa, e d’intesa con Francia e Germania”. Proprio grazie a questo asse è stato possibile l’accordo in sede al Consiglio dell’Ue sul Piano implementativo su sicurezza e difesa dello scorso lunedì.

IL DIBATTITO ALLO IAI 

Alla tavola rotonda, introdotta dal presidente dell’Istituto Ferdinando Nelli Feroci, e inserita nell’ambito del progetto di ricerca Iai “Defence Matters”, hanno partecipato il responsabile di ricerca dello Iai Alessandro Marrone, il direttore generale del Maeci Luca Giansanti, il presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare della Nato Andrea Manciulli, l’ad di Leonardo-Finmeccanica Mauro Moretti e il capo della Engament section della Divisione diplomazia pubblica della Nato Gerlinde Niehus. Il dibattito ha mosso i passi dal Vertice di Varsavia, inevitabile punto di riferimento per cercare di comprendere come l’Alleanza stia effettivamente ponendo in essere quelle misure, considerate essenziali di fronte al complesso quadro delle minacce contemporanee, che i capi di Stato e di governo hanno concordato lo scorso luglio. Lo ha evidenziato Gerlinde Niehus: “non abbiamo il lusso di scegliere una minaccia rispetto all’altra, le dobbiamo affrontare tutte insieme nello stesso momento”. In quest’ottica, il vertice di Varsavia può considerarsi, ha aggiunto la Niehus, “il più grande potenziamento del sistema di difesa e deterrenza dalla fine della guerra fredda”. Certo, ora occorre realizzare quanto deciso in Polonia. “È fondamentale – ha detto Giansanti – che l’Alleanza atlantica continui a mostrare le capacità di adattamento e trasformazione che ha dimostrato dalla fine del confronto bipolare”. L’urgenza è forte, ha ricordato Manciulli. “Stiamo vivendo – secondo il presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare Nato – non un insieme di fatti puntuali, ma un fenomeno più profondo, un vero momento di frattura da certezza strategica a ricerca di risposta, politica e strategica, per minacce nuove e stravolgenti come terrorismo e guerra cibernetica”. L’integrazione europea della difesa, altamente promossa dall’Italia, “è un tentativo politico di rispondere a un’esigenza che esiste a prescindere”, ha proseguito Manciulli. Eppure, di fronte al dilagare del populismo e dello scetticismo nei confronti di Alleanza atlantica e Ue, la priorità secondo il presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato è un’altra: “dobbiamo frenare l’impoverimento della cultura della sicurezza e tornare a fare didattica dei valori su cui queste Alleanze si fondano”.

IL RUOLO DELL’INDUSTRIA 

E sulla necessità di superare l’incertezza legata alla presidenza Trump dotandosi di una visione di lungo respiro, ha concordato Mauro Moretti. Già ieri, l’ad di Leonardo, nel corso della lectio magistralis tenuta durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico del Centro alti studi per la difesa (Casd), aveva sottolineato la complementarietà tra Nato e Unione Europea nei temi di difesa. “La difesa europea è il primo tentativo di fondare un secondo pilastro, oltre a quello rappresentato dagli Stati Uniti, su cui possa poggiare la Nato”, ha ribadito Moretti. Fino ad ora, “c’è stato solo il pilastro degli Stati Uniti e tanti paletti, gli Stati europei, disposti a spendere meno”. In questa prospettiva, “per l’industria passi importanti sono stati fatti, ma occorre fare di più, andare verso una Third Offset Strategy continentale, con obiettivi comuni e la possibilità per le industrie europee di partecipare ai piani di sviluppo degli Stati Uniti e viceversa”. Altrimenti, “l’Europa perde autonomia e superiorità tecnologica, e dunque la capacità di resistere a quella che sarà la cultura prevalente tra 25 anni, cioè l’East Asia”, ha concluso Moretti.

Come cambierà la Nato con Donald Trump

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