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Sabato mattina, il 18 marzo, a Melegnano (MI), per due ore e mezza, abbiamo vissuto un intenso momento di confronto sulla “buona scuola”, la scuola che vogliono tutte le famiglie, la scuola che dovrebbe essere nei pensieri capaci di prendere forma nelle scelte di una Repubblica che desidera avere un futuro.

La riflessione è stata aperta da Marco Vinicio Masoni, psicologo e psicoterapeuta, con una sintetica e puntuale analisi del contesto sociale. Viviamo in una realtà nella quale stiamo abbandonando il fatto che esista una dimensione collettiva e stiamo diventando individualisti: l’io è sempre e solo al centro. La conseguenza, applicata alla scuola, è che vediamo ragazzi che, pur non essendo deviati, non sanno portare argomenti per sostenere i loro comportamenti o i loro pensieri, non sanno utilizzare discorsi degli altri per giustificarsi o fornire spiegazioni, ma utilizzano sempre e solo i propri argomenti, che però si rivelano inadeguati. È questo, dunque, l’individualismo: lo stato nel quale la persona non sa difendersi. Quando emerge nella scuola si parla di disturbi e si rimanda lo studente all’esame dei servizi specialistici. Forse, però, ci potrebbe essere un altro approccio. L’insegnante preparato conosce la materia e sa avvicinarsi allo studente, parla con l’allievo, anche con quello che appare più individualista e che, quindi, è più indifeso, e cerca di scoprire il perché dei comportamenti che manifesta. L’insegnante preparato, insomma, costruisce relazioni.

Il dibattito ha preso forma sotto la guida di Alex Corlazzoli, giornalista, maestro e scrittore. Sono passati diciassette anni dall’entrata in vigore della legge Berlinguer (L. n.62 del 10 marzo 2000), che riconosce il ruolo di servizio pubblico a scuole statali e paritarie, eppure persistono i pregiudizi: continua il luogo comune che le paritarie siano scuole per ricchi e luoghi contrari al pluralismo educativo, permane la lettura soggettiva e di comodo degli articoli 30, 31 e 33 della Costituzione, si alimenta la confusione tra le parole per cui alle paritarie vengono attribuite definizioni come “diplomifici” o “private”, per contrapporle a un “pubblico” che significa statale e che, ha evidenziato il dirigente scolastico Giancarlo Sala,  vive la fatica di una quotidianità fatta di adempimenti burocratici e di conti che non tornano; è così che dirigenti e docenti perdono di vista il vero nodo della questione, ovvero la relazione umana. La scuola è una questione di sguardo con gli studenti per cui scattano scintille di interesse. La scuola la fanno le persone, ha sottolineato anche il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Ambito Territoriale di Milano e Città Metropolitana, Marco Bussetti, che ha anche evidenziato l’importanza di muoversi all’interno delle regole.

In Italia circa un milione di famiglie sceglie ogni anno di mandare i propri figli in una delle tredicimila scuole paritarie, dove lavorano quotidianamente più di cento mila persona. A queste scuole, che raccolgono l’11% degli alunni italiani, lo Stato destina l’1,1% delle risorse statali per l’istruzione; di questa minima percentuale l’80% circa è destinato alla fascia di età 3-10 anni (scuola dell’Infanzia e scuola Primaria). In sintesi, possiamo dire che il costo della scuola paritaria, soprattutto della secondaria di primo e secondo grado, è quasi totalmente a carico delle famiglie che la scelgono. Fino a prova contraria, in Italia siamo in uno stato di diritto e quindi perché la famiglia, prima responsabile dell’educazione dei bambini che mette al mondo, se vuole mandare i propri figli nella scuola paritaria deve pagare una retta? Ha già pagato le tasse e quindi ha diritto di poter scegliere dove educare i propri figli. È questo il lucido e ineccepibile ragionamento di suor Anna Monia Alfieri, laureata in Giurisprudenza e in Economia, presidente Fidae Lombardia e coautrice del saggio “Il Diritto di apprendere. Nuove linee di investimento”, Giappichelli. Il lavoro di suor Anna Monia, inoltre, dimostra, conti alla mano, che nella scuola paritaria il costo effettivo dello studente è di circa il 40 % inferiore al costo dello studente nelle scuole gestite dallo Stato. È dunque urgente convincersi che la pluralità di scelta è una risorsa per lo Stato ed è indispensabile che la famiglia sia messa nelle condizioni di poterla esercitare: questa deve essere la battaglia dei cittadini italiani.

La politica deve decidersi a lavorare per superare il problema del conservatorismo della scuola italiana e il problema dei soldi: questo è stato l’appello condiviso con il Vice-sindaco del comune di Melegnano, Raffaela Caputo, il Consigliere regionale, Fabio Pizzul, e con l’Assessore all’Istruzione, Formazione e Cultura di Regione Lombardia, Valentina Aprea. È ora di smetterla di ragionare per contrapposizioni e convincersi del fatto che lo Stato è uno dei soggetti della Repubblica. Pertanto un genitore, con i finanziamenti pubblici, deve poter scegliere dove spendere la sua fiscalità anche per quanto riguarda l’educazione dei propri figli.

A coronare la mattinata, la canzone “Libera sia”, cantata dall’autore Vitale Elia con gli studenti del Liceo del Centro Scolastico Giovanni Paolo II. Il tema messo in musica è quello della parità; il messaggio che ne è venuto è stato quello di ragazzi che amano la scuola che frequentano perché, come ha sottolineato il pedagogista Paolo Colli, in essa incontrano degli insegnanti che, nella loro umanità, insegnano a desiderare. E’ questo il segreto: “il futuro è di chi lo sa immaginare”, disse Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni.

 

famiglia, Anna Monia Alfieri

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