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Il primo giorno da presidente Donald Trump l’ha investito in buona parte nel tentativo di screditare i media (il resto è stato l’inizio dello smontaggio dell’Obamacare). L’attacco, terminato in un’estemporanea conferenza stampa del portavoce Sean Spicer – con alle spalle le due immagini che stanno riempendo siti e giornali, la folla all’inaugurazione di Barack Obama nel 2009, tanta, e quella di venerdì, molto meno – era iniziato alla Cia: ho in corso “una guerra” con i media, aveva detto Trump.

La prima visita fuori dalla Casa Bianca Trump l’ha riservata a Langley, dove il presidente ha cercato di riavvicinarsi al cuore di quella comunità di intelligence che fino a una settimana era oggetto di attacchi e polemiche. “Ridicola” aveva definito l’indagine della Cia (e delle altre agenzie) sull’interferenza russa alle presidenziali. Un gruppo paragonato ai nazisti aveva detto a proposito dei metodi operativi, fake news le informazioni diffuse nei report d’indagini (che comprendo anche i documenti imbarazzanti imbarazzanti sui dossieraggi che il repubblicano avrebbe subito dai russi), sostenendo che era meglio fidarsi di quanto ricostruito da Julian Assange a proposito della vicenda dell’hacking, perché – tra le varie cose – quelli dell’intelligence sono gli stessi che si sono inventati le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. “Sono con voi al mille per mille”, ha detto sabato dimenticando il vicinissimo passato e senza il minimo accenno a scuse, aggiungendo invece che “i media sono le persone più disoneste sulla faccia della terra”, e accusando i giornalisti di aver montato tutto sulle tensioni tra intelligence e presidente (allora, ancora) eletto, mentre rivendicava che al suo Inauguration c’erano almeno 1,9 milioni di persone – più o meno quelle che nel frattempo manifestavano anche contro di lui per le strade di Washington (“Una manifestazione sorprendente di invettive e risentimento all’alba di una [nuova] presidenza” ha definito la Women’s March il New York Times).

“Probabilmente tutti in questa sala avranno votato per me”, ha detto il presidente davanti al muro con le stellette dei caduti in servizio, riempiendo di lodi quegli stessi agenti che pochi giorni fa erano obiettivi di feroci attacchi suoi e del suo staff, mentre discettava agilmente su altri argomenti. In un discorso di quindici minuti ha parlato del suo sostegno politico, del suo stato mentale, del suo peso intellettuale e, come detto, molto dell’inaugurazione – non proprio aspetti tecnici legati all’intelligence, di cui però nelle settimane passate aveva annunciato una rivoluzione. Siete la mia prima “fermata” perché “io vi amo, vi rispetto e non c’è nessuno che rispetto di più” ha detto ai presenti nella hall; ce n’erano più o meno trecento, per continuare il discorso sulle presenze. “Mi ha rincuorato che il presidente ha tenuto un discorso alla Cia”, ha detto al Nyt Michael Hayden, ex direttore della Cia e della National Security Agency: ma “sarebbe stato ancora meglio se fosse stato più sul punto (della Cia)”.

Trump parla alla Cia, ma attacca i media

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