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Non c’è pace per la Banca Popolare di Vicenza (Bpvi). Cinque mesi fa a impensierire gli esperti finanziari, a ragione dato poi come sono andate le cose, era l’aumento di capitale da 1,5 miliardi. L’operazione non si è chiusa con successo e il fondo “di sistema” Atlante gestito dalla Quaestio presieduta da Alessandro Penati è stato costretto a intervenire diventando azionista della banca praticamente al 100 per cento. Oggi, invece, gli addetti ai lavori guardano ai numeri di bilancio dell’istituto con quartier generale a Vicenza, che ha appena comunicato di avere messo in cantiere i primi sei mesi dell’anno con una perdita di 795 milioni, a un passo dagli 800 milioni. Certo, i numeri sono in miglioramento rispetto alla perdita di 1,05 miliardi dello stesso periodo del 2015, ma il rosso resta comunque profondo.LE RAGIONI DEL ROSSO
A spiegare il motivo della forte perdita è la stessa Bpvi in una nota: il risultato negativo è “significativamente influenzato dagli impatti economici e patrimoniali connessi alla già contestata decisione assunta il 4 agosto 2016 da Cattolica Assicurazione di recedere dall’accordo di partnership e ai relativi rischi e potenziali oneri; all’incremento delle coperture sui crediti anche per effetto del recepimento delle rettifiche di valore su crediti conseguenti agli esiti preliminari della recente verifica ispettiva della Bce sui rischi di credito e di controparte, in corso di finalizzazione; e alle ulteriori rettifiche e accantonamenti sugli investimenti in fondi lussemburghesi e sui rischi legali relativi a reclami e contenziosi su azioni Bpvi avviati dalla clientela”. Al netto di tali effetti la perdita sarebbe contenuta a 85 milioni di euro.IL PESO DEL PASSATO
Insomma, sull’istituto ora posseduto dal fondo Atlante continuano a pesare le scelte del passato, a cominciare dall’erogazione del credito, con i prestiti deteriorati che (come per molti altri istituti italiani) continuano a zavorrare i conti. Ma rappresentano un grosso problema anche i rapporti con Cattolica Assicurazioni, che, come raccontato qui da Formiche.net, ha di recente deciso di chiedere il divorzio dalla partnership strategica e industriale risalente al 2007, quando a comandare in Popolare Vicenza era ancora Gianni Zonin. Una decisione costosa per Bpvi, che non solo dovrà ricomprare le partecipazioni in comune dalla compagnia ma dovrà anche svalutare il suo 15% nella società quotata. Non a caso, come svelato da Formiche.net, Atlante aveva chiesto un po’ più di tempo prima che Cattolica facesse valere il suo diritto di uscita, ma la compagnia veronese (tra l’altro finanziatrice del fondo di Penati) non ne ha voluto sapere.

LO SPETTRO DEGLI ESUBERI
Sta di fatto che una perdita semestrale di quasi 800 milioni “brucia” più di metà dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi completato la scorsa primavera grazie all’intervento del fondo guidato da Penati. Che in questo momento, in tandem con l’amministratore delegato Francesco Iorio e il neo presidente Gianni Mion, deve perciò fronteggiare parecchie difficoltà. “Il cda sta lavorando alla revisione del piano industriale da varare entro metà ottobre”, ha detto Iorio. Ma come spesso accade in questi casi, i problemi dell’istituto si riflettono sulla forza lavoro. Lo stesso ad Iorio ha fatto sapere che gli esuberi del personale, già previsti in 550 lavoratori, potrebbero ulteriormente aumentare.

IL MATRIMONIO CON MONTEBELLUNA
Per rafforzare la posizione della Popolare di Vicenza, l’attuale management composto da Iorio e Mion pensa sempre di più a un matrimonio con la “cugina” Veneto Banca, che pure di recente non è riuscita a completare un aumento di capitale da 1 miliardo costringendo la Quastio di Atlante a entrare nel capitale con quasi il 100 per cento. “La strada della fusione è importante, bisognerà vedere in che modo. Se ci saranno soluzioni migliori, ben vengano, ma per il momento non ho consapevolezza che ci sia alcuna manifestazione di interesse. Stiamo parlando con i vertici di Veneto Banca per capire quali potrebbero essere le possibili sinergie sulle società prodotto e sui costi”, ha detto Mion. E se le due banche venete convoleranno a nozze, bisognerà vedere se anche in questo caso l’unione, come recita il vecchio adagio, fa la forza.

Quaestio , Alessandro Penati, Veneto Banca, Atlante

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