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Gli emiratini di Etihad stanno per salutare l’Italia o iniziano a mettere le mani avanti in vista di un loro prossimo disimpegno da Alitalia? E’ la domanda, con un misto di stupore e preoccupazione, che circola in queste ore nei palazzi ministeriali e politici.

LE ORIGINI DELLE TENSIONI

Tutto nasce da una tosta intervista dell’amministratore delegato della compagnia aerea, James Hogan, al Corriere della Sera con critiche secche non solo alle organizzazioni sindacali, che ostacolano il piano di riorganizzazione, risparmi e rilancio della società, ma anche al governo reo – secondo il top manager australiano alla testa della società presieduta da Luca Cordero di Montezemolo – di non rispettare gli accordi formali e informali che erano stati stretti con l’esecutivo, sia Letta che Renzi, su Linate e sui fondi statali per il turismo.

LE ACCUSE DI HOGAN

Hogan aveva lamentato l’assenza del decreto che dovrebbe consentire di volare da Linate anche verso destinazioni extraeuropee. La promessa, secondo il numero uno di Etihad, era stata fatta due anni fa quando la compagnia di Abu Dhabi era diventato primo socio di Alitalia (49%) con un investimento di 1,7 miliardi. In quell’occasione, secondo il capo azienda dell’ex compagnia di bandiera, il governo si era impegnato anche a investire 20 milioni all’anno per dare visibilità all’Italia come meta turistica.

LA REPLICA DI DELRIO

Alle puntute critiche di Hogan ha replicato ieri a nome dell’esecutivo il dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti retto da Graziano Delrio: “Il governo ha rispettato tutti i suoi impegni con Alitalia», ha detto Delrio. «Le autorità italiane hanno operato per garantire le più idonee condizioni di sviluppo», ha aggiunto. Tra gli interventi, il prolungamento di tre anni del fondo per l’assorbimento degli esuberi; la decontribuzione sull’indennità di imbarco per i passeggeri da scali domestici e la decontribuzione sulle indennità del personale di volo. Riguardo il decreto Lupi sulla liberalizzazione delle rotte sullo scalo di Linate, prosegue il ministero, «la Commissione Ue ha richiesto di notificare un nuovo decreto, in mancanza del quale sarebbe stata avviata una procedura di infrazione. La notifica è in corso di conclusione». Quanto agli investimenti per il turismo, Delrio sottolinea come «nessun governo ha mai investito tante risorse come questo”.

ETIHAD DICE ADDIO ALL’ITALIA?

La sortita di Hogan ha comunque riacceso i timori di un eventuale addio degli emiratini. E’ quanto ha adombrato esplicitamente un manager e imprenditore come Romano Perissinotto nel suo blog su Formiche.net: “Ma che succede se a fronte del tafazzismo italico – ahimè – persistendo le condizioni e l’ambiente operativo descritto da James Hogan nell’intervista, Etihad dovesse decidere di abbandonare il progetto? E’ una compagnia che ha una mentalità e ragiona in termini di mercato: o funziona o si chiude. Potrebbe farlo, sarebbe una delusione, ma non un problema per i facoltosi azionisti di Abu Dhabi”.

COSA STA MEDITANDO HOGAN?

In realtà, fanno notare alcuni addetti ai lavori, il manager australiano sta vivendo un momento di turbolenza interno, non solo per l’oltranzismo corporativo di alcune organizzazioni sindacali: il manager australiano aveva previsto un (al momento irrealistico) ritorno all’utile per Alitalia nel 2017 e in Germania la compagnia Airberlin è stata costretta a dimezzare la flotta affittandola alla storica nemica Lufthansa per provare ora una nuova strada di collaborazione con Tui, leader nel mondo dell’organizzazione dei viaggi.

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