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L’interesse per le questioni marittime in Italia è ancora limitato anche se può considerarsi oramai acquisita la coscienza della dimensione subacquea, delle infrastrutture critiche e delle Zone economiche esclusive. Altrove c’è maggiore attenzione. Nel Mediterraneo orientale cova sempre sotto la cenere il fuoco delle delimitazioni. Grecia e Turchia lo alimentano periodicamente con iniziative spesso eclatanti. Come è noto, la contrapposizione riguarda l’applicazione di principi del diritto del mare sull’effetto da dare alle isole, sia pur piccole: la Grecia ha posizioni intransigenti per ovvie ragioni geografiche; la Turchia ritiene invece che si debba tener conto delle reciproche coste continentali.

Sinora la disputa sembrava circoscritta ai due contendenti, ma poi la partita si è allargata. La Turchia ha stipulato nel 2009 con Tripoli un contestato accordo di delimitazione della Pc che penalizza Rodi e Creta, e quest’anno la Libia ha fissato un limite della sua Pc che si spinge sotto Creta secondo la teoria (turca) dell’effetto ridotto delle isole. Si è così creata una sovrapposizione con aree in cui Atene ha concesso permessi di estrazione. In questo contesto s’inserisce la proposta greca di organizzare un forum aperto a Libia, Turchia ed Egitto per discutere di delimitazioni, immigrazione via mare e protezione ecologica.

In teoria l’Italia è geograficamente fuori dalla geopolitica del Mediterraneo orientale; tuttavia ne è coinvolta a vario titolo: aderisce al progetto del gasdotto EastMed, non realizzato perché transiterebbe in aree di Pc pretese dalla Turchia; è il punto di arrivo di rotte migratorie provenienti da Siria, Turchia ed Egitto attraverso le acque greche; ha con Eni concessioni offshore in Egitto e Cipro; è infine lo Stato frontista della Libia con cui potrebbe condividere parte della Pc ad ovest di Creta.

E infatti Tripoli, nello stabilirne lo scorso maggio il confine con una linea che non è accettata dalla Grecia, ha fatto perno sulle nostre coste della Sicilia e della Calabria. Tutto bene si dirà. Se non fosse per un problema: e stesse acque che Tripoli ci riconosce e che noi rivendichiamo, sono pretese da Malta; la negoziazione tra noi e Valletta si trascina da anni; l’area è strategica per la sicurezza marittima e l’esistenza di infrastrutture critiche e risorse minerarie. Ecco quindi che ora Valletta scalpita per chiedere ai Libici di rivedere le loro posizioni, candidandosi di fatto a partecipare al forum che la Grecia intende organizzare.

La partita dei confini marittimi mediterranei è fatta di mosse e contromosse repentine. L’Italia non si agita, mantiene un profilo basso e si mostra conciliante, forte della sua autorevolezza internazionale. Essere un Paese marittimo richiede però chiara consapevolezza dei diritti di cui si è titolari. Quello che ci manca è un dibattito aperto, anche a livello politico, su simili questioni che di tanto in tanto ricompaiono (ricordate la Zee algerina o l’Accordo di Caen con la Francia?): oltre all’Italia che conosciamo c’è infatti un’altra Italia che si prolunga in mare come risulta dalla cartina qui accessibile.

Foto di alimison da Pixabay

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