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Cosa succede se vince il No al referendum? “Niente, non crolla il mondo, non fuggono le imprese. Semplicemente ci sarà un nuovo governo che farà la legge elettorale e condurrà il paese con serenità a nuove elezioni”.

Così Stefano Parisi da Matera alla Festa del No, incalzato dalle domande di un Nicola Porro in procinto di iniziare la stagione con Matrix ha fatto chiarezza su quali contorni avrà il post referendum, ribadendo una convinzione di fondo: non si sente un tifoso di questa Costituzione, che non ritiene la “più bella del mondo”, per cui apre ad una “riforma seria e responsabile della Carta”, ma chiude all’attuale proposta perché “pasticciata e scritta male”.

Il tour dell’ex dg di Confindustria, prima in Basilicata e poi a Fiuggi, ha avuto il preciso scopo non solo di incunearsi nei meandri del dibattito referendario ma anche di “battere” territori fin qui solo visti da lontano. Complesso e articolato, quindi altamente strategico, iniziare a ragionare, de visu, con i potenziali futuri referenti o osservatori che nelle singole realtà territoriali determinano un preciso risvolto in chiave elettorale e che proprio a Matera sono venuti ad ascoltare il LibPop Parisi.

Che Parisi si è visto dunque a Matera? Pacato e armonico nei modi, propenso al ragionamento ben strutturato più che alla battuta sterile e momentanea, il che non significa necessariamente arrendevole e mansueto, tutt’altro. Il piglio decisionista non si misura nel tono di voce, diceva un vecchio politologo, ma nei modi e nei tempi delle azioni.

Dalla Capitale della Cultura sono partiti essenzialmente tre messaggi. Il primo è che non serve, così come fatto in occasione della Brexit, spingere il piede sull’acceleratore della comunicazione invasiva e catastrofistica. Nel senso che gli eventi vanno gestiti con saggezza e polso, sia per non far smarrire ad un paese intero (e alle sue aziende) la rotta maestra sia per non inquietare i mercati e gli investitori internazionali che restano, al netto di sparate ideologiche e battaglie antitutto, il fulcro dello sviluppo futuro.

In secondo luogo l’idea che alcuni dei Sì siano schierati in quel modo esclusivamente perché desiderosi di una riforma ma non di “questa” riforma. E’la ragione che ha spinto Parisi a toccare a più riprese il tasto dell’Assemblea Costituente, un luogo non solo ideale ma anche fisico dove riscrivere insieme le regole che dovranno determinare gli scenari politici e istituzionali del prossimo secolo, nella consapevolezza che si tratta di un’operazione che andrà condotta con il “concorso di tutti gli schieramenti politici” e non di una sola parte politica. Una modalità per ottenere un doppio risultato: far convergere l’insieme delle esigenze presenti sul tavolo e sforzarsi di ottenere la maggiore condivisione possibile, per poi applicare quelle regole senza rimpianti e rimorsi.

In terzo luogo una stoccata a Confindustria, il cui Centro Studi ha diffuso i numeri relativi al collasso in caso di vittoria del No. Parisi ha difeso il Centro Studi ma quello del passato, quando “non si dicevano certe cose” (tra gli sguardi attenti dell’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti in prima fila) e ha fatto un passo in più: perché in quella precisa stoccata contro Viale dell’Astronomia non si legge solo la replica per un fatto contingente, bensì l’auspicio che quel prestigioso organo, così come tanti altri legati alle intellighenzie e ai mondi universitari, torni ad essere fucina di idee e di spunti, di critiche costruttive e progettazioni di ampio respiro. E non megafono, seppure certificato autorevole, di una data posizione.

twitter@FDepalo

Cosa succede se vince il No al referendum? Risponde Stefano Parisi

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