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Libération ha pubblicato due giorni fa un’inchiesta sulla notte del 14 luglio a Nizza, quando il camion guidato da Mohamed Lahouaiej Bouhlel si è lanciato sulla folla uccidendo 84 persone e ferendone oltre cento. Secondo Libé a linea sostenuta dal governo, secondo cui la polizia era presente in modo massiccio sul luogo della strage, non è vera. Diverse testimonianze e immagini sono il corposo sostegno che il quotidiano ha portato a supporto della propria indagini.

È UNA QUESTIONE POLITICA

La questione politica sollevata dall’articolo uscito sul giornale fondato da Jean Paul Sartre è rilevante e trova sponda in una serie di polemiche che si erano accese già nelle ore successive a quello che si sta rivelando man mano un attentato pianificato da mesi con la complicità di diverse persone, e non semplicemente il gesto estemporaneo di un folle; la follia è indubbiamente una componente focale su chi decide deliberatamente di uccidere decine di civili innocenti, ma la premeditazione aggiunge un ulteriore fattore all’attentato. Secondo Christian Estrosi, presidente di centrodestra della regione di Nizza (che si chiama Provenza-Alpi-Costa Azzurra), per esempio, su quanto accaduto pesa una responsabilità grave del governo. Estrosi in un’intervista uscita domenica sul Point, ha detto che le colpe sono dell’esecutivo – presieduto da Manuel Valls, socialista – che ha inviato a Nizza un numero esiguo di membri della Polizia nazionale (che dipende dal ministero dell’Interno ed è più preparata). Il governo ha replicato dicendo che tutte le misure di sicurezza erano state concordate con la municipalità nizzarda e la prefettura locale, e non c’erano state richieste precedenti di maggiore presenza di poliziotti; anche Valls, intervenendo in Parlamento, ha ribattuto: “Non permetterò che si dica che ci sono state delle falle dove non ce ne sono state. Non potrò mai accettare le frasi vergognose di chi insinua che tutto questo si sarebbe potuto evitare, perché dire questo significa screditare le nostre forze di sicurezza che combattono ogni giorno e che ottengono dei risultati”.

LE INFORMAZIONI DI LIBERATION

Dall’inchiesta giornalistica emergono dettagli diversi. Non è la prima volta che la Francia affronta problemi di questo genere: pochi giorni prima dell’attentato nella città costiera, erano uscite le anticipazioni sull’analisi della Commissione parlamentare che sta facendo luce sui fatti di Parigi dello scorso anno (Charlie Hebdo e 13 novembre). Risultato: ci sono state falle sulla sicurezza interna e buchi di intelligence, entrambe le stragi dovevano essere evitate. Secondo il bollettino stampa della prefettura ottenuto da Libération la sicurezza del lungomare (da dove la gente avrebbe visto i fuochi d’artificio per i festeggiamenti della presa della Bastiglia), era affidata “alle squadre della Polizia nazionale rafforzate dalle squadre della polizia municipale” e c’erano veicoli a bloccare i punti di accesso alla Promenade des Anglais. Questa versione è quella sostenuta e confermata anche dal ministro degli Interni Bernard Cazeneuve. Il giornale però ha raccolto anche testimonianze dirette, e pure una fotografia (sbattuta in prima pagina) in cui si vede che nel punto di accesso a bloccare la strade c’erano soltanto delle transenne e un paio di agenti della polizia municipale.

“Contrariamente a quanto afferma il ministero dell’Interno, l’ingresso al perimetro pedonale della Promenade des Anglais non era protetto dalla Polizia nazionale, la sera del 14 luglio. Questa mancanza di trasparenza mina la fiducia nell’esecutivo”, scrive Libé, secondo cui la prima resistenza da parte della polizia nazionale il camion l’ha incontrata nei pressi dello spiazzo dell’hotel Negresco, circa a metà della sua folle corsa omicida.

L’ETICA E LE INDAGINI

Cazeneuve in un comunicato stampa ha tirato in ballo “l’etica dei giornalisti che hanno firmato il pezzo” (Gregory Bevel, Willy Le DevinSylvain Mouillard e Ismael Halissat, gli ultimi due inviati a Nizza), perché si mette in discussione la l’onestà delle dichiarazioni del governo. Ma è evidente che la questione è grave, soprattutto in un paese colpito varie volte da attentati in questi ultimi 18 mesi, e dove François Hollande ha toccato il minimo storico del consenso presidenziale. Nel frattempo è stata stabilita una commissione d’inchiesta amministrativa, ma le polemiche non finiranno, tanto più adesso, dopo che nella serata di giovedì il procuratore di Parigi, François Molins, ha aggiornato i dettagli sulle indagini: è da questi che s’è scoperto che non solo Boulhel aveva pianificato da mesi l’attacco, ma che avesse anche dei complici, forse cinque, che lo hanno aiutato a compierlo.

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