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Sinistra e/o tempo perso. Anzitutto la fotografia: chi parla ancora di sinistra in Europa è un falsario. O nel migliore dei casi un illuso. Nessun grande paese europeo è governato dalla sinistra. Che è ai minimi storici elettorali in ogni luogo (che non sia l’Italia): in Spagna, in Francia, in Gran Bretagna ,in Germania, nei paesi scandinavi. Insomma dappertutto.

E non si tratta di una crisi temporanea o contingente. Data, ormai, quasi un ventennio il declino spaventoso e accelerato della sinistra in Europa. E ora siamo ai minimi storici. Tranne in Italia. Piaccia o no ai reticenti, imbarazzati, attempati, spaesati e impotenti leader della sinistra, gli ultimi successi, a memoria d’uomo, della sinistra in Europa portano i nomi di Blair e di Schroeder. Leader di centrosinistra più che di sinistra. Che dai burocrati parrucconi dell’attuale sinistra perdente vengono trattati, con la puzza al naso, come nemici e versioni della destra.

Lo stesso che dicono di Renzi. E, invece, sono gli unici (e gli ultimi) che hanno vinto. E’, ormai, oltre un trentennio che la sinistra europea, a parte il blairismo rinnegato, non produce idee. Copia. Insegue. E’ alla ruota. Esaurito il secolo socialdemocratico, per ragioni irreversibili di cambiamento economico e sociale, la sinistra è finita, culturalmente, con esso. Non è riuscita ad avere più un’anima: a produrre idee, cultura, proposte adatte alla nuova situazione. Riducendosi ad un esercito, sempre più piccolo, di reduci. E, anche, tristi e rancorosi.

Priva ormai di autonomia e spessore culturale la sinistra europea ha creduto di salvarsi affondando a piene mani in surrogati delle sue vecchie idee che sono morte. Ha preso a prestito da altri ragioni e motivazioni: dai Verdi, ad esempio (per tutto il quindicennio trascorso) o dagli antieuro e dal populismo, più di recente. Copiano. Inseguono. E hanno perso l’anima. Se chiedete a uno di sinistra che cos’è la sinistra oggi in Europa, non riesce che a farfugliare, stancamente e come una nenia, un piccolo e scarnificato vocabolario di parole-simbolo: giustizia sociale, libertà e, soprattutto, eguaglianza. Che dovrebbero, secondo loro, evocare qualcosa. E, invece, non evocano più nulla. Perche’ non si traducono più in programmi politici, progetti concreti e fattibili, fatti. Anzi: di quelle parole-simbolo del racconto di sinistra essa, la sinistra vacua e perdente è diventata la smentita vivente.

Perche? Perché per inseguire verdi e populisti la sinistra ha perso l’anima egualitaria. Perchè ha perso l’unico valore, socialdemocratico e di sinistra, che ne sostanziava le ambizioni: l’aspirazione alla crescita economica, allo sviluppo, all’eliminazione della povertà, all’espansione del capitalismo. Annebbiata dal surrogato, equivoco e stagnazionista, del cosiddetto “sviluppo sostenibile”, dal mito dell’economia verde e dall’ecologismo, la sinistra si è fatta egemonizzare dalla subcultura della decrescita, dell’avversione allo sviluppo, del ristagno economico.

La sinistra è diventata, in nome della balorda idea della sostenibilità, il custode della stagnazione. E, quindi, dell’ineguaglianza. Ingabbiata nella marmellata dei surrogati ambientalisti la sinistra, dall’economia alle istituzioni, è oggi un pesante e inconcludente carrozzone conservatore: agita solo dei No – a ponti, strade, ferrovie, costruzioni, tubi, impianti – a ogni cosa che significhi sviluppo e crescita, e muore di conservatorismo e di stagnazione.

Non ha più idee proprie, non è vista dagli europei come un fattore di sviluppo, competente per governare l’economia e si limita, come un rosario, solo alla denuncia del “mostro” liberista. Cui dovrebbe fare un solo vero appunto: il liberismo non riesce a far uscire l’economia dalla stagnazione e a realizzare la crescita. Ma questo appunto la sinistra non può farlo, non ha le carte in regola per farlo. Perchè essa è oggi la forza più conservatrice e stagnaz

Massimo D'Alema

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