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Sulla scia dello speciale ospitato sul numero di maggio della rivista Formiche, nel quale Adrio de Carolis, Gianluca Ansalone e Francesco Rutelli dibattono di “Quella criminalità nascosta dietro al terrorismo”, ecco l’analisi di Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali

Tra le molte facce del terrorismo internazionale, una delle più importanti è quella che lo lega alla criminalità organizzata. Che i terroristi siano dei criminali (sia pure motivati da ragioni politiche o religiose) non c’è alcun dubbio, ma il fatto è che la crescente complessità delle organizzazioni terroriste e in particolare la scelta di alcune di esse di controllare estesi territori, inclusi importanti centri abitati, aumenta i loro bisogni finanziari. Il cosiddetto califfato (Daesh) in Siria ed Iraq, ad esempio, pur traendo risorse dal suo interno con varie forme di tassazione e di estorsione, ricorre ampiamente ad altre forme criminali di autofinanziamento come i rapimenti, il contrabbando (petrolio, droga, sigarette, armi, esseri umani), il saccheggio e la vendita clandestina del patrimonio artistico ed archeologico eccetera.

Favorisce questi sviluppi la profonda crisi, e in molti casi il fallimento, di numerosi stati in Medio Oriente e in Africa. La “pax mafiosa” della criminalità organizzata e dei terroristi segue a ruota il crollo della governabilità. Già in passato questo fenomeno si era delineato nei Balcani e nel Caucaso, ma in questi casi era stato almeno parzialmente riportato sotto controllo e ridotto, grazie ad un impegno forte dei maggiori attori internazionali presenti nell’area: l’Ue e la Nato nei Balcani, la Russia nel Caucaso. Esistono naturalmente ancora importanti focolai di instabilità, forti presenze della criminalità organizzata e significativi nuclei di fanatici assimilati con o almeno vicini alle maggiori centrali terroristiche internazionali, tuttavia la loro minaccia è fortemente diminuita.

Nulla di simile avviene in Medio Oriente e in Africa, dove al contrario la presenza internazionale (grandi potenze, maggiori attori regionali) è spesso un elemento aggiuntivo di divisione e di conflitto. Permane la minaccia degli “Stati briganti”, le cosiddette “kleptocrazie”, ma ora alcune minacciano di evolvere in vere e proprie “terrocrazie”, molto simili a uno Stato mafioso, salvo per le finalità perseguite, più politico-ideologiche che economiche.

Ciò complica ulteriormente la lotta al terrorismo perché alimenta divisioni nelle coalizioni che lo combattono, sfruttando la diversità degli interessi economici o territoriali delle singole potenze. D’altro canto la vicinanza tra criminalità e terrorismo crea anche opportunità di reclutamento e facilita la soluzione di problemi logistici come la disponibilità di documenti contraffatti, covi sicuri, armi e munizioni.

Tutti i legami tra criminalità e terrorismo

Sulla scia dello speciale ospitato sul numero di maggio della rivista Formiche, nel quale Adrio de Carolis, Gianluca Ansalone e Francesco Rutelli dibattono di “Quella criminalità nascosta dietro al terrorismo”, ecco l’analisi di Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali Tra le molte facce del terrorismo internazionale, una delle più importanti è quella che lo lega alla criminalità organizzata. Che i terroristi…

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