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Donald Trump va in Messico, incontra il presidente Enrique Pena Nieto e attenua, con lui, i toni della sua posizione anti-immigrazione. Ma, al ritorno negli Stati Uniti, a Phoenix, in Arizona, ritorna se stesso: ribadisce di volere “parlare chiaro e senza paura” – anzi, magari, suscitando paure – sull’immigrazione, rinnova l’impegno a innalzare il muro lungo tutti i 2000 chilometri di confine con il Messico, ad avere tolleranza zero verso gli immigrati irregolari che siano stati condannati e, sul fronte dei rifugiati, a bloccare gli arrivi dalla Siria. “Chiamatela deportazione, ma andranno via, a partire dalla prima ora del primo giorno del mio mandato da presidente”, dichiara.

Il blitz in Messico, fatto quasi senza preavviso, e compiuto senza la stampa al seguito, e il discorso di Phoenix, invece ampiamente atteso, hanno in sottofondo le critiche della rivale democratica Hillary Clinton, secondo cui il magnate svicola dalle sue posizioni quando si tratta di sostenerle faccia a faccia, ma anche da ulteriori segnali di recupero di Trump nei sondaggi. Un rilevamento della Fox, rete amica, lo dà al 39 per cento, contro il 41 per cento della rivale democratica, con Gary Johnson, libertario, al 9 per cento e Jill Stein, verde, al 4 per cento.

Costruire un muro al confine “è un diritto sovrano”, afferma Trump, al termine dell’incontro, che definisce “onesto e diretto” con il presidente Pena Nieto, che definisce “un amico”. Rispondendo alle domande, il magnate sostiene che la questione di chi pagherà per il muro non è stata affrontata, “E’ stata rinviata ad un altro momento”. Ma il presidente Pena Nieto, che aveva già chiarito che si tratta di un onere di cui il Messico non intende “assolutamente” farsi carico, puntualizza di avere espressamente ribadito al candidato repubblicano che il suo Paese non lo pagherà.

Pena Nieto, auspica di vedere presto anche la Clinton, che, dal canto suo conferma che l’incontro ci sarà “quando sarà il momento”; definisce la sicurezza delle frontiere “una sfida comune”, poiché i contrabbandieri attraversano il confine in entrambe le direzioni; e soprattutto reclama rispetto per il Messico, dopo gli attacchi sferrati dal magnate in campagna elettorale. “La comunità messicana negli Stati Uniti contribuisce ogni giorno con il suo talento e il suo lavoro alla prosperità del Paese”, sottolinea il presidente, sono “gente onesta”, “grandi lavoratori” e “meritano il rispetto di tutti”.

Trump, che li ha definiti in passato “stupratori” e “criminali”, esprime rispetto, ma non appare molto convincente ai messicani, che lo accolgono con diffidenza e scetticismo, mentre l’opposizione chiede che venga definito “persona non grata”.

“Possiamo non essere d’accordo su tutto”, ma il faccia a faccia “è stato costruttivo”, è la posizione d’entrambi. Pena Nieto elenca i vantaggi della partnership con gli Usa, soprattutto commerciale.

Trump, definendo stavolta “spettacolari” i messicani, dichiara un “imperativo” il blocco dell’esodo di posti di lavoro dagli Stati Uniti e afferma che l’accordo di libero scambio nord-americano Nafta è più vantaggioso per il Messico: lui e il presidente intendono migliorarlo.

Trump è giunto in aereo a Città del Messico: dall’hangar presidenziale dell’aeroporto internazionale è subito partito in elicottero per la residenza presidenziale di Los Pinos.

“Non e’ inusuale per un candidato presidenziale fare viaggi oltreoceano. Per Obama una delle visite più importanti fu in Germania, dove parlò a Berlino davanti a una folla di 100.000 tedeschi che lo accolsero caldamente e reagirono con entusiasmo al suo discorso. Vedremo se Mr. Trump sarà ricevuto nello stesso modo”, aveva commentato prima dell’incontro il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, replicando a chi aveva definito “prove generali” da presidente il viaggio messicano del candidato repubblicano.

Quanto a Hillary, ha pubblicato una lista dei tweet anti-messicani via via “postati” da Trump, dicendo che “gli insulti restano”.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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