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Capi di Stato, imprenditori, uomini del mondo dello spettacolo e dello sport, e poi banche e privati cittadini di tutto il mondo, sono travolti dall’inchiesta “Panama Papers” che ha rivelato le carte provenienti dalla banca dati di Mossack Fonseca, uno dei maggiori studi – secondo il Guardian – che si occupa di creare e gestire società per conto dei propri clienti nei cosiddetti paradisi fiscali come Panama.

Ma “tenere soldi in conti offshore non è un reato – si legge in una ricostruzione di Askanews sulla base di analisi curate da esperti tributari -. E si possono detenere capitali nei paradisi fiscali a condizione di rispettare le norme sul fisco”. Al momento sono stati pubblicati 149 documenti su 11 milioni (consultabili a questo link) tra quelli in possesso dell’International Consortium of Investigative Journalists, ma come ha dichiarato l’esperto di fisco e fondatore dello studio Tavecchio & Associati, Andrea Tavecchio, non tutte le operazioni svelate dal Panama leak sono illecite.

GLI ITALIANI COINVOLTI

Sarebbero circa un migliaio gli italiani ad aver fatto ricorso ai servizi finanziari dello studio legale Mossack Fonseca, secondo le prime indicazioni sui Panama Papers, ma – sottolinea Askanews – non significa che necessariamente che abbiano nascosto i capitali ai sistemi fiscali dei paesi di residenza. Nel caso italiano, ad esempio, i contribuenti potrebbero aver fatto ricorso alla collaborazione volontaria per far emergere i capitali  detenuti all’estero. Nel 2015, infatti, “quasi 130mila contribuenti italiani hanno aderito alla voluntary disclosure” e ammontano a quasi 60 miliardi di euro le attività svelate al fisco di cui 15,7 miliardi rientrate in Italia.

COSA SI SA SULLO STUDIO MOSSACK FONSEKA

Lo studio legale panamense opera da 35 anni in tutti i continenti. Dai documenti emerge che i paradisi fiscali più popolari nei servizi di Mossack Fonseca sono le Isole Vergini, Panama, Bahamas, Seychelles. In particolare oltre la metà delle 113mila compagnie nel dossier Panama Papers ha sede nelle Isole Vergini. Isole Vergini e Panama tuttavia hanno avuto un incidenza poco più che marginale sui numeri della voluntary disclosure. Sui 60 miliardi di euro di attività emerse solo 150 milioni di euro riguardano Panama, lo 0,25% del totale, e quasi 55 milioni di euro le Isole Vergini (lo 0,09%). Quasi il 70% del totale riguarda la Svizzera, ben 41,4 miliardi di euro. A debita distanza il Principato di Monaco con 4,6 miliardi e poi le Bahamas con 2,1 miliardi di euro, il 3,66% del totale.

IL CASO ITALIANO

È lecito, per un italiano, avere società o conti correnti in paesi considerati “paradisi fiscali” come Panama? Il quotidiano Repubblica lo ha chiesto al commercialista Andrea Tavecchio che ha spiegato come in Italia tali procedure siano lecite “a due condizioni: a) devono essere conti nominativi; b) devono essere segnalati nel quadro RW del Modello Unico oppure, sotto alcune condizioni, possono essere affidati in amministrazione ad una fiduciaria che si occuperà di svolgere le funzioni di antiriciclaggio e di sostituto d’imposta“.

L’OPACITÀ FISCALE

Il mondo si divide adesso tra chi scambia informazioni e chi non lo fa. Lo scambio di informazioni è l’unico modo per rendere l’opacità fiscale una opzione non praticabile“, ha spiegato Tavecchio, e in questo senso “La voluntary disclosure – utilizzata in altri 46 paesi – è stato un successo ed ha dato all’Agenzia una quantità di informazioni prima non immaginabile che permetterà di capire meglio situazioni come i Panama Leaks“. Un accordo per lo scambio di informazioni fiscali e bancarie tra Italia e Panama è stato firmato nel dicembre del 2010.

COSA È LA VOLUNTARY DISCLOSURE

La “collaborazione volontaria”, si legge sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è “uno strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio”.

DI CHE REATI SI PARLA?

Non si tratterebbe però di un problema fiscale, secondo il tributarista Raffaello Lupi, quello aperto dai Panama Papers: “Il fisco non c’entra. Non è evasione, ma casomai tangenti di stato, nascoste per evitare scandali e attacchi politici”. Il messaggio è stato condiviso su twitter da Lupi, che sottolinea come il problema siano le “disponibilità extracontabili di chi e destinate a cosa?”.

Panama Papers, operazioni lecite o illecite? Parlano i fiscalisti

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