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Il partito repubblicano dovrebbe lasciare cadere la candidatura di Donald Trump, che è “inadeguato” a fare il presidente degli Stati Uniti: il consiglio è partigiano, in quanto viene da Barack Obama, secondo cui le critiche dell’establishment repubblicano al magnate e showman “suonano vuote”, se il partito continua a sostenerne la candidatura.

Ma molti, fra i repubblicani, sarebbero inclini a raccogliere l’invito del presidente, preoccupati che la corsa di Trump porti a una vittoria a valanga democratica l’8 Novembre, travolgendo il partito non solo alla Casa Bianca, ma pure al Congresso. C’è il rischio di perdere la maggioranza al Senato – un risultato largamente pronosticato – e alla Camera – un risultato ritenuto finora improbabile – .

Ufficialmente, Trump è il candidato repubblicano alla Casa Bianca e non ci sono ripensamenti: lo afferma il Comitato nazionale repubblicano. Ma il fatto che uno stratega del partito, Sean Spiecer, senta il bisogno di precisarlo, a due settimane dalla convention di Cleveland, è indice di malessere. Lui, il magnate e showman, dice che la campagna sta andando molto bene” e “non è mai stata così unita”.

Frasi che stridono con quanto rivelato da alcune fonti al Washington Post: il capo del Comitato nazionale repubblicano Reince Preibus sarebbe “frustrato” e “turbato” dal comportamento di Trump e c’è sconcerto per le posizioni talora divergenti assunte dal candidato presidente e dal suo vice Mike Pence, più attento a non urtare il partito e intere fasce di potenziali elettori, ma senza carisma.

Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, Trump ha inasprito i suoi rapporti con il suo team, che l’aveva ad esempio invitato a evitare le polemiche con la famiglia Khan, i genitori d’un capitano dell’Esercito americano, musulmano, caduto in Iraq nel 2004 – lui, invece, ci è andato giù più pesante, mentre il padre dell’ufficiale lo definiva “un’anima nera”, “incapace di empatia” –  E ha pure aumentato gli attriti con il suo partito – negando il proprio sostegno alle rielezioni a deputato dello speaker della Camera Paul Ryan e a senatore del candidato 2008 John McCain – e con settori di potenziali elettori – fra i veterani, c’è chi chiede gli venga tolto l’endorsement – .

Con una lettera aperta rilanciata da VoteVets.org, una fondazione indipendente che promuove i temi della difesa nazionale, i familiari di altri 23 militari americani caduti in azione, con Karen Meredith, esponente di Gold Star Families for Peace, associazione di parenti delle vittime del conflitto in Iraq, prendono drasticamente le distanze dal magnate e showman, definendone “ripugnanti” le parole. Trump, riformato a più riprese dalla leva per il Vietnam, almeno una volta con un evidente artificio, aveva fra l’altro paragonato il proprio impegno professionale per l’Unione con il supremo sacrificio del giovane ufficiale di fede islamica.

Come se non bastasse, davanti ai sondaggi in picchiata – un dato sostanzialmente prevedibile, dopo la convention democratica – e le polemiche intestine al proprio campo, Trump ha ulteriormente alzato il tiro e ha espresso il timore di brogli elettorali, ovviamente a suo danno. “Ridicolo”, è stata la risposta del presidente Obama, al suo 55° compleanno, l’ultimo alla Casa Bianca. Non l’hanno neppure aiutato le parole apparentemente in libertà sul ricorso all’arma atomica – “Non capisco perché non le usiamo” –, sul coinvolgimento della Russia nella pubblicazione di decine di migliaia di mail del partito democratico, sul pagamento di un riscatto di 400 milioni di dollari dagli Usa all’Iran per la liberazione di tre cittadini Usa dopo gli accordi nucleari tra Teheran e i Grandi – punto su cui ha fatto marcia indietro, “Mi sono sbagliato” –.

La tattica preferita di Trump è quella di replicare e rilanciare, per quanto alti possano essere i toni. Se Obama lo giudica “inadeguato”, lui replica che il suo doppio mandato è stato “un disastro”: “E’ stato debole, inefficace. Sono convinto che io sappia molto più di lui in politica estera. Guardate l’Ucraina: lui parla di Ucraina di quanto è duro con la Russia, mentre quelli si prendono la Crimea”. Parlando alla Fox, aggiunge: Obama è stato “il peggiore presidente, forse il peggiore presidente della storia del Paese”.

I GUAI DI MELANIA

Anche la moglie Melania, 46 anni, ex modella, slovena naturalizzata americana, continua a procurare guai al marito candidato: le foto senza veli, il discorso alla convention copiato da quello 2008 di Michelle Obama, infine le voci di un ingresso irregolare negli Stati Uniti. Melania, che acquisì nel 2006 la nazionalità statunitense, sostiene di frequentare gli Usa dal 1996, ma ci sono sue foto a New York del 1995. Le accuse di irregolarità sono “semplicemente false”, scrive Melania sul suo profilo twitter. I Trump si sposarono nel 2005 a Palm Beach in Florida.

COSTITUZIONE A RUBA 

Le polemiche intorno a Trump hanno pure sortito qualche effetto positivo. Dopo che i genitori del capitano Khan, parlando alla convention democratica, lo hanno invitato a leggere la Costituzione degli Stati Uniti, le vendite del documento sono improvvisamente schizzate alle stelle, facendone il secondo libro più venduto negli Usa dopo l’ultimo della saga Harry Potter, “The Cursed Child”.

Khizr Khan, padre del capitano Humayan, aveva sventolato la versione tascabile della Costituzione rivolgendosi a Trump, che vuole vietare ai musulmani l’ingresso negli Usa, chiedendogli se l’avesse mai letta e offrendosi di “prestargli la sua”. Khan aveva citato in particolare il XIV emendamento, che sancisce come tutti sono uguali davanti alla legge, a prescindere da razza, sesso e religione.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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