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Uno dei temi che viene discusso ancora in queste ore di campagna elettorale sono i vantaggi e gli svantaggi della candidatura di Roma ad essere la sede delle Olimpiadi 2024. A mio avviso, la strada è lunga ed in salita, in quanto il Comitato Olimpico farà analisi dettagliate; adesso, a differenza della metà degli Anni Cinquanta, a ragione od a torto, Roma ha ora la reputazione di una città in degrado mentre allora aveva quella di una città in sviluppo.

C’è un altro punto: la stampa internazionale ha dato molto risalto al commento del Fondo monetario, ignorato da gran parte della stampa italiana, secondo cui, se le politiche annunciate dal Governo avranno effetti e se il contesto internazionale sarà favorevole (quindi, sulla base di ipotesi ottimistiche), nel 2024 non saremo ancora tornati ai livelli di reddito nazionale del 2007. Di conseguenza è particolarmente importante un’analisi economica delle Olimpiadi – ossia essere certi che le Olimpiadi porteranno valore aggiunto al Paese non causeranno una perdita netta di risorse.

Da anni si fanno analisi economiche delle Olimpiadi non sulla base di sensazioni o punti di vista, ma di solidi numeri per quantizzare costi e ricavi, delineare strategie vincenti, mettere in guardia da tattiche perdenti. L’esito di queste analisi, per chi si prende la briga di leggere e studiarle (a questo fine, non per dare sfoggio di erudizioni, forniamo i riferimenti puntuali), induce a interrogarsi sul da farsi.

La gara inizia molto prima della cerimonia di apertura: con la discesa in campo per essere scelti come sede. L’Università di Amburgo ha esaminato (Hamburg Contemporary Economic Discussions,) 48 candidature nell’arco di tempo 1992-2012 e costruito un modello che tiene conto della logistica, della situazione climatica, e del tasso di disoccupazione. Lo strumento si è rivelato efficacissimo nello individuare candidature che sono state effettivamente bocciate (un tasso del 100%) e nel 50% ha azzeccato quelle che hanno vinto. Una conclusione importante è che il parco infrastrutturale, i trasporti pubblici e la nettezza urbana devono essere eccellenti. Lo si può dire delle infrastrutture e della logistica di Roma?

Le Olimpiadi, comunque, non sono affatto “un affare” in termini di ricavi finanziari (giustapposti ai costi finanziari) per la città, o le città, che ospitano, i loro alberghi, ristoranti, negozi e via discorrendo. Tre economisti greci hanno condotto una valutazione ex-post delle Olimpiadi di Atene del 2004 (è pubblicata sulla rivista Applied Financial Economics, Vo. 18 n. 19 del 2008); finanziariamente, hanno guadagnato solo gli sponsor ma non quando si sono svolte le gare o dopo l’evento: le azioni hanno avuto una rapida ma breve impennata quando la capitale greca è stata scelta – quindi, un effetto annuncio. Di recente, economisti greci hanno individuato nelle Olimpiadi del 2004 una delle determinante dell’impennata del debito pubblico greco e delle difficoltà in cui la Repubblica Ellenica si dibatte ancora.

Interessante una dettagliata valutazione dei giochi invernali a Vancouver (disponibile al sito): i costi superano i benefici, anche senza contabilizzare le spese per l’infrastruttura (perché permanenti e non connesse solo all’evento) e quantizzando l'”orgoglio della città e della Provincia” di ospitare le gare. In effetti, stime analitiche dei probabili flussi turistici sono modeste (ed i costi associati al turismo olimpico superano i ricavi) come peraltro già rilevato in occasione di altre Olimpiadi, ad esempio di quelle tenute nel 1996 ad Atlanta in Georgia).

Uno dei lavori sugli esiti economici non brillanti delle Olimpiadi di Atlanta è intitolato: “Perché gareggiare per essere sede di Giochi?”. La risposta viene data da due saggi relativi uno alle Olimpiadi di Pechino del 2008 (pubblicato nello Sports Lawyer Journal) e l’altro alla Coppa del Mondo giocata in Germania nel 2006 (CESifo Working Paper No. 2582). I costi alla collettività vengono in questi casi superati, anche di molto, dai benefici alla collettività perché l’evento riguarda l’intera Nazione e contribuisce al ‘Nation Building’.

Le Olimpiadi di Pechino sono state, afferma lo studio, “un’opportunità d’oro per essere accettati a livello mondiale”. La Coppa del 2006 ha accelerato di 20-40 anni il processo di integrazione sociale tra le Germanie dell’Ovest e dell’Est. Le stime quantitative (effettuate attraverso il metodo delle valutazioni contingenti) non sono state messe in discussione da nessun statistico. Andando più in là nel tempo, le Olimpiadi di Berlino nel 1936 (immortalate dal film di Leni Riefenstahl) hanno rappresentato una perdita finanziaria ma sono state essenziali per l’apprezzamento delle disciplina e della forza del Nazismo nel mondo. Tutti obiettivi lontani da quella di un’Italia in tremolante ripresa, ma ben accettata nel mondo e che non vuole né risolvere la “questione meridionale” con le Olimpiadi o fare apprezzare eventuali sviluppi autoritari.

Le Olimpiadi sono sempre una manna?

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