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Ci trastulliamo con le dovizie della rete web. E poi scopriamo che in Italia, nel 2016, oltre la metà della rete ferroviaria (9.000 Km su 16.000) è sottratta ai vincoli e alle garanzie dell’Agenzia per la sicurezza.

E perché? Perché, in nome di un federalismo e di un regionalismo cretino e babbeo, non è stata realizzata né la privatizzazione, né la liberalizzazione della rete ferroviaria. Ma lo spacchettamento della rete tra due sistemi: una metà della rete è rimasta proprietà della società Rfi (statale), modernizzata e in cui la sicurezza è affidata a standard internazionali e a soluzioni tecnologiche; l’altra metà è stata regionalizzata, affidata a società di gestione locale.

Sulla sua rete lo Stato ha fatto gli investimenti tecnologici. Sull’altra metà della rete, quella regionalizzata e data in concessione, si viaggia senza tecnologia e con soluzioni di sicurezza ancorate a metodologie dell’800. E’ frutto della demagogia federalista italiana.

Ora qualche imbecille ambientalista se la prenderà con l’alta velocità. Per costoro nel medioevo doveva restare tutta la rete ferroviaria italiana. Invece è il contrario: nei sistemi di garanzia, sicurezza e controllo tecnologico moderni, tipici dell’alta velocità, doveva entrare tutta la rete ferroviaria italiana. Invece di affidarla a regioni senza soldi che la danno in concessione a società senza soldi. Che gestiscono ancora la sicurezza con il sistema dei fonogrammi che ha causato la tragedia pugliese.

Scopriamo stamane, infatti, leggendo i giornali, che metà della rete ferroviaria italiana è stata data in concessione a società locali senza la condizione dell’avvenuto adeguamento agli standard di sicurezza che valgono per l’altra metà della Rete: quella di proprietà dello Stato.

E’ l’aberrazione del regionalismo cretino italiano che ha sostituito la privatizzazione e la liberalizzazione. Un modello che va superato. Pochi sanno ancora che questa aberrazione potrebbe essere superata se passa il Sì al referendum di ottobre. Dico la verità: per me è il principale motivo per cui voterò Sì.

I treni, la sicurezza e il regionalismo babbeo

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