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Il Consiglio d’Europa ha respinto  in Commissione la Risoluzione sull’utero in affitto, presentata dalla deputata belga Petra de Sutter. Decisivi i due voti della delegazione italiana; una vittoria davvero da festeggiare. Era dato per scontato che la risoluzione sarebbe passata, invece hanno fatto la differenza  i due  voti italiani che hanno consentito di respingerla. È stato un vero lavoro di “squadra”, nazionale ed europea: insieme al movimento internazionale per l’abolizione della gravidanza surrogata siamo riuscite, dalla Francia alla Germania, dall’Austria all’Italia, a sensibilizzare i componenti della Commissione e dimostrare che quando c’è partecipazione e coinvolgimento, anche nei livelli sovranazionali si riesce a far pesare la propria voce. Così abbiamo dimostrato che si può combattere per l’abolizione della surrogata e vincere. I votanti erano 30 ed è finita 16 voti a 14, proprio grazie alle due parlamentari italiane. Così l’Europa ribadisce il suo no alla pratica dell’utero in affitto e il voto contrario del Consiglio d’Europa alla relazione che avrebbe riconosciuto agli stati membri dell’Unione il diritto di disciplinare, o vietare, la maternità surrogata a livello nazionale, dimostra che la comunità europea è ancora responsabile e civile. In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è nei “committenti” italiani che possono trovare in altri paesi una donna che “porti” un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato. Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando. Con il voto europeo, per la prima volta nella storia, la maternità incontra la libertà. Si può scegliere di essere o non essere madri. La maternità, scelta e non subìta, apre a un’idea più ricca della libertà e della stessa umanità: il percorso di vita che una donna e il suo futuro bambino compiono insieme è un’avventura umana straordinaria. I bambini non sono cose da vendere o da “donare”. Se vengono programmaticamente scissi dalla storia che li ha portati alla luce, e che comunque è la loro, i bambini diventano merce. Sono  favorevoli al pieno riconoscimento dei diritti civili per omosessuali ed eterosessuali: ma il desiderio di figli non può diventare un diritto da affermare a ogni costo. Il 15 marzo ho festeggiato così due volte: una per la nascita di Ettore, mio nipote, una per la vittoria europea che ha sconfitto il tentativo di arrivare ad una regolamentazione internazionale della maternità surrogata, come sostenuto fortemente dalle lobby che premono per un allargamento della loro clientela anche nei paesi in cui è vietata, che rischia di ridisegnare nell’Occidente e nel mondo i confini futuri del concetto delle relazioni umane, sociali ed etiche. Inoltre, costituirebbe un’ipoteca pesantissima per la libertà delle donne e violerebbe uno dei principi fondanti dell’Unione europea: la “dignità umana” e “il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali fonte di lucro” richiamate nella Carta Fondamentale dei diritti dell’Unione europea. Nel vietare sul proprio territorio la maternità surrogata e nell’impegnarsi presso gli organismi internazionali per un’abolizione universale, l’Europa può rivelare al mondo il significato più profondo della sua missione di civiltà.

 

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