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La guerra dell’acciaio tra Cina e Unione Europea vede l’ingresso di un nuovo player, pronto ad allearsi con Pechino e mettere in scacco le misure anti dumping predisposte della Commissione europea. Il Brasile infatti si è detto disponibile ad ospitare la produzione di oltre 10 milioni di tonnellate d’acciaio sul proprio territorio. La notizia apparsa sul quotidiano cinese Remin Ribao, il principale organo d’informazione del paese e organo del Comitato centrale del Partito Comunista, potrebbe innescare una vera e propria guerra commerciale con ricorsi al Wto da parte dell’Unione Europea.

L’annuncio è stato fatto da Zhang Shengsheng, general manager del gruppo Laiwu Iron & Steel che senza mezzi termini ha spiegato così l’operazione: “Non solo aiuteremo a ridurre l’eccesso di capacità di acciaio in Cina ma con questa mossa contribuiremo ad evitare le indagini anti dumping e anti sussidio che sono state lanciate dai paesi occidentali contro la Cina”.  Al progetto hanno già aperto alcuni colossi siderurgici dell’ex Celeste Impero come Ansteel, Masteel, Baosteel e Wuhan Iron and Steel.

“I dettagli del progetto sono in fase di discussione – ha proseguito Zhang – ma se tutto va secondo i piani, l’idea non è solo quella di soddisfare la domanda brasiliana, ma riguarderà anche le esigenze di altri paesi del Sud e del Nord America”. Se così fosse si potrebbero aprire scenari imprevisti e di certo il Wto sarebbe chiamato ad esprimersi su una pratica che appare al limite della legalità.

Non è un caso che la Cina abbia puntato per questo progetto-pilota sul Brasile che attualmente sta vivendo una delle crisi istituzionali più complicate della sua storia con il presidente eletto Dilma Rouseff sospesa per sei mesi per via dell’impeachment e un nuovo governo ad interim guidato dal vicepresidente Michel Temer che molti stati del Sud America stentano a riconoscere come tale. I leader del Venezuela, Uruguay, Cile, Ecuador, Bolivia, Nicaragua ed El Salvador si sono infatti espressi a favore della Rousseff e hanno messo in dubbio la legittimità della sua sospensione definita un vero e proprio “colpo di stato”.

In questo marasma gli uffici del Commissario al Commercio Estero, Cecilia Malstrom contatati da Formiche.net aspettano di vedere la “portata dell’operazione” anche per studiare le contromisure a quello che sembra un vero e proprio schiaffo alle nuove indagini che l’Unione Europea ha aperto recentemente sull’acciaio. In particolare sono dieci le indagini comunitarie attualmente in fase di studio nel settore siderurgico, a cui si aggiungono 37 misure anti-dumping e anti-sussidi già in vigore: sette delle indagini e 15 delle misure riguardano proprio prodotti cinesi.

È indubbio che la situazione si è acuita anche a seguito del voto del Parlamento europeo che con una risoluzione votata a grande maggioranza ha detto no alla concessione dello status di economia di mercato alla Cina. Status che comporterebbe, tra le altre cose, un indebolimento degli strumenti di difesa commerciale dell’Europa. Non è un caso se sul tema Pechino è intervenuto con forza con il proprio Ministro degli Esteri, Wang Yi (in foto), che ha ricordato come “la Cina ha offerto un mercato stabile e affidabile al mondo intero e ha creato migliaia di posti di lavoro nell’Unione europea. Adesso l’Ue – ha ammonito – deve osservare con occhi oggettivi lo sviluppo della Cina e rispettare le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”.

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