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Un gruppo di persone armate questa mattina ha attaccato la sede dell’università di Charsadda, nel nord-ovest del Pakistan.

Per il momento arrivano notizie piuttosto confuse sia sulle dinamiche di quella che pare essere un’azione terroristica, sia sul bilancio, che è ancora provvisorio. Un portavoce dell’esercito ha detto che sono stati uccisi quattro degli assalitori, ma ci sarebbero altri morti anche tra studenti ed insegnanti. Al Jazeera scrive che i morti sono almeno 20, e fa riferimento a dati forniti dal ministro dell’Informazione, numero analogo viene riportato da Sky News.

LE DINAMICHE

L’attacco è iniziato intorno alle 9:30 locali (5:30 del mattino in Italia). I testimoni hanno riferito che gli assalitori si sono introdotti nel campus sfruttando la scarsa visibilità legata alla nebbia, aggirando il compound dell’ateneo passando per un campo agricolo, senza essere visti dalle guardie di sicurezza. Gli stessi dicono di avere sentito prima delle esplosioni, seguite da numerosi spari, che pare abbiano colpito indiscriminatamente chiunque finisse sulla linea di fuoco, procurando anche decine di feriti. La polizia intervenuta sul posto ha circondato il campus dell’Università Bacha Khan, e avviato  l’evacuazione dei suoi edifici principali, compresi i collegi in cui vivono gli studenti: le persone presenti erano più di mille, soltanto perché ancora molti studenti non erano arrivati a lezioni. Fonti del Guardian dicono che gli assalitori hanno preso anche degli ostaggi, probabilmente subito rilasciati: la notizia per il momento non è confermata dalle autorità, che hanno invece dichiarato di aver ripristinato la sicurezza nell’area, avendo ucciso quattro attentatori.

Un professore del campus sentito dalla BBC, il dottor Shakor, sostiene che forse il motivo dell’attacco è un evento organizzato dall’istituto per celebrare un leader nazionalista Pashtun, Bach Khan, a cui è intitolata anche l’università. Un altro professore, Sayed Hamid Husain, docente di chimica, rappresenta la storia nella storia di questa drammatica vicenda Assistente di chimica era appena entrato in aula con i suoi studenti al momento dell’assalto: i testimoni hanno raccontato che il professore era armato, e così, accortosi di quello che stava succedendo, ha chiuso i ragazzi nell’aula e si è messo a sparare contro gli attentatori. Nel conflitto a fuoco è poi rimasto ucciso, ma nel frattempo i suoi studenti erano riusciti a scappare. Il giornalista pakistano di Ary News Omar Quraishi ha chiesto che al professor Husain venga conferita la più alta medaglia al valore del paese: la sua storia è già un simbolo (di speranza) molto ripreso sui social network.

CONFUSIONE SUGLI AUTORI

Tribune Express, media locale in partnership con l’edizione internazionale del New York Times, ha riferito inizialmente che l’attacco è stato già rivendicato dalla Tehreek-e-Taliban (TTP), organizzazione combattente islamista che fa da sfondo a diversi gruppi armati legati ai talebani pakistani. Di una rivendicazione telefonica aveva parlato anche Agency France Press. Mohammad Khurásání, portavoce dei talebani pakistani, più tardi ha detto però che il suo gruppo non era responsabile dell’attacco, condannando chiunque ha rivendicato l’azione utilizzando il nome del TTP, e contraddicendo il rivendico di qualche ora prima da parte di un alto comandante dell’organizzazione che aveva definito l’azione una rappresaglia per le operazioni militari che il governo di Islamabad sta conducendo nelle arre tribali dove si nascondono i ribelli. AFP ha citato invece uno studente che parlando alla TV pakistana, aveva detto che tre degli uomini che erano entrati nelle aule gridavano “Allah è grande”.

IL CONTESTO

Alcuni giorni fa, qualche scuola di Peshawar era stata chiusa dalle autorità in seguito a report che parlavano di attacchi terroristici imminenti. Nel 2014, proprio a Peshawar (cittadina ad una cinquantina di chilometri da Charsadda), è finita sotto attacco del TTP fu una scuola, dove furono uccise 130 persone tra studenti e insegnanti, in uno dei più efferati attentati rivendicati ultimamente dai talebani del Pakistan. Il paese continua a soffrire il peso dei combattenti islamisti, che siano talebani o altre fazioni ribelli. Nonostante il governo abbia lanciato un’operazione militare su larga scala contro i gruppi combattenti, li attacchi dei ribelli islamisti sono all’ordine del giorno: qualche giorno fa quindici persone sono morte perché un attentatore suicida si è fatto saltare in aria davanti ad un centro per le vaccinazioni per la poliomelite, malattia diventata endemica nel paese anche per colpa dell’assenza di prevenzione, impedita dalle fazioni radicali perché considerata uno strumento distorto dell’Occidente per controllare la popolazione locale. La presenza di istanze radicali islamiche è molto diffusa tra la popolazione: qualche giorno fa un ragazzo di quindici anni si è tagliato una mano da solo, perché durante una preghiere per un fraintendimento aveva offeso Maometto.  

L’ALTRO ATTENTATO

Poche ore dopo l’attacco all’università pakistana, un’esplosione ha colpito un edificio vicino all’ambasciata russa a Kabul, in Afghanistan. Per il momento i media presenti sul posto indicano quattro morti e diversi feriti. Delegati provenienti da Afghanistan, Pakistan, Cina e Stati Uniti si sono riuniti nella capitale afghana lunedi per un incontro di una giornata che ha avuto lo scopo di (ri)aviare la ricerca di una fine negoziata all’insurrezione talebana, che dura da quattordici anni. Non ci sono notizie in merito a collegamenti tra i due attacchi, anche perché i gruppi talebani afghani e pakistani spesso si muovo indipendentemente e secondo agende molto personali.

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