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Il 17 Marzo del 1991 moriva nell’ospedale di Montecarlo Carlo Donat-Cattin.

Aveva 71 anni e ci lasciò per colpa di quel suo cuore matto, che era stato ferito mortalmente dalle ultime vicende del figlio Marco implicato con il gruppo di Prima Linea al tempo delle BR; vicende che incisero non poco su quelle politiche del leader che era a capo della corrente della sinistra sociale di Forze Nuove nella DC.

Ricordare la figura dell’uomo e del politico che è stato il riferimento essenziale di tutta la mia vita politica nella Democrazia Cristiana, dopo che ne ho scritto e parlato in diverse altre occasioni, da un lato, mi fa rivivere emozioni e commozioni mai del tutto sopite e, dall’altro, mi permette di mantenere viva la memoria di uno dei leader più prestigiosi della storia politica democratico cristiana.

Carlo fu il leader incontrastato per quasi trent’anni di Forze Nuove, dopo l’esperienza congiunta sindacale e politica con Rapelli e Pastore, insieme a Vittorino Colombo, Sandro Fontana e Franco Marini, e noi gli fummo discepoli e amici per tutta la vita.

Nella buona e nella cattiva sorte, sempre pronti a seguirlo nelle battaglie più coraggiose che lui seppe condurre con permanente lucidità e lungimiranza, grazie ad un metodo di lavoro politico che resterà nella storia della DC, quale esempio, quasi solitario, di una partecipazione democratica e di elaborazione teorica e di organizzazione politica di grande spessore.

Fummo allevati alla scuola dell’impegno e della coerenza ai valori della dottrina sociale della Chiesa, alle ragioni dei lavoratori e dei ceti popolari, per i quali l’interclassismo dinamico cui ci ispiravamo, costituiva la base indiscutibile della nostra militanza politica.

E fummo, soprattutto, un gruppo unito e tra i più agguerriti del partito. Quelli che, con una felice immagine del caro e compianto Vito Napoli, furono descritti come i “vietcong della DC” costretti a combattere con le cannucce a pelo d’acqua, nel vasto e limaccioso fiume di natura deltizia come la DC, progressivamente dominata dai moderati, nella stagione migliore e, poi, da quei “capaci, capacissimi, capaci di tutto”, che caratterizzarono la stagione più impervia e difficile, negli anni ’80 a dominanza demitiana dentro e fuori il partito.

Dalle ragioni del primo centro-sinistra, a quelle della solitaria lotta con Aldo Moro nel tempo del doroteismo trionfante, sino alla battaglia contro l’ingresso del PCI al governo (straordinario il suo intervento all’assemblea dei parlamentari DC in cui, solo alla fine, obtorto collo, come sempre fedele alle indicazioni strategiche di Aldo Moro, dovette soccombere alla prevalente realistica decisione dei gruppi) e a quella successiva che lo accompagnerà alla morte, con la grande intuizione del “preambolo” e della strenua difesa dell’alleanza tra la DC e i partiti di ispirazione laica e socialista.

Una linea strategica che, molti di noi ex suoi seguaci, abbiamo conservato sia nella lunga stagione della diaspora democratico cristiana e dell’attraversata nel deserto periglioso della seconda repubblica, pagando, in molti casi , di persona per quella coerenza, mentre altri si abbandonarono alle più altalenanti frequentazioni di potere; sia in questa fase nella quale è dominante il trasformismo politico dei 235 transumanti nel parlamento farlocco dei nominati eletti con una legge incostituzionale.

Sono grato agli amici della Fondazione Donat Cattin sorta e tenuta attivamente vitale nella città di Torino dove Carlo viveva, mentre mi piacerebbe aprire un confronto sereno e aperto con quanti tra noi ex forzanovisti sono oggi collocati in posizioni politiche diverse.

Da parte mia, di fronte al renzismo trasformista dominante, ai tentativi di dar seguito ai diktat dei poteri finanziari dominanti europei e internazionali i quali, non solo manovrano le scelte dei vertici dei governi degli stati alleati, ma riducono a caricature la stesse democrazia, penso che il miglior modo per rimanere fedeli all’insegnamento di Donat Cattin, sia quello di schierarci senza se e senza ma, da “democratici cristiani non pentiti” nel comitato dei Popolari per il NO.

Contro l’incongruente riforma costituzionale di quel competentissimo trio toscano Renzi-Boschi-Verdini che, con il combinato disposto della legge super truffa dell’Italicum punta a distruggere la rigidità della Costituzione del 1948, e a consegnare tutto il potere nelle mani di “ un uomo solo al comando” i Liberi e Forti non possono che schierarsi a difesa della Carta dei padri fondatori: De Gasperi, La Pira, Mortati, Lazzati, Moro e Fanfani.

E penso, anzi ne sono certo, che anche per questa ultima battaglia democratica, Carlo Donat Cattin, che del padre costituente Aldo Moro, fu l’interprete e l’esecutore più diretto e affidabile, sarebbe ancora alla testa di tutti noi, guida e stratega irripetibile.

Anche per questo, nell’ultimo miglio che il Signore ci riserverà ancora nella nostra vita politica, continueremo a batterci per i valori che insieme a Donat Cattin abbiamo vissuto e condiviso sino alla sua prematura scomparsa e per i quali ancora ci battiamo.

In memoria di Carlo Donat-Cattin

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