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La recente crisi di quattro piccole banche si presenta agli occhi di un osservatore attento e distaccato come un paradigma dei mali che affliggono il Paese da lungo tempo. Ignoranza, inganni, collusioni, norme ridondanti e poco efficaci per la stabilità del sistema, faciloneria nell’assegnare colpe in nome del populismo, fuga dalla responsabilità delle masse di risparmiatori e anche delle istituzioni, ritardi esiziali, ecco tutti gli ingredienti di questa vicenda, epitome di tutto ciò che blocca ogni sviluppo dell’Italia.

Ignoranza innanzitutto ad ampio raggio. I risparmiatori, che non sanno prendere decisioni consapevoli sugli impieghi del loro denaro, ma seguono dicerie ed imbonitori. L’assenza di conoscenze elementari di finanza nella maggioranza della popolazione risulta da molte indagini sul campo. Ignoranza pure di quanti tralasciano di sottolineare che queste banche sono “popolari” e cooperative di credito che servono mercati locali, che hanno sostenuto le PMI durante la lunga recessione più delle grandi banche e che stanno pagando il costo del sostegno dato con elevate sofferenze in parte dovute all’implosione dell’economia. Ignoranza anche dei manager bancari che non hanno saputo raddrizzare la barca al primo scrutare dell’onda montante delle sofferenze.

Inganno su diversi fronti. Non solo da parte di manager scorretti e solerti impiegati delle banche, che in conflitto di interessi hanno convinto risparmiatori ignoranti a comprare obbligazioni subordinate, le quali non sono semplici titoli di debito, ma ibridi che si avvicinano al capitale di rischio, condividendolo in parte. Ma da parte di quanti, pur sapendo che i rendimenti relativamente più alti sono dovuti al maggior rischio dell’impiego, hanno sempre contato sul salvataggio da parte della banca centrale o del governo in caso d’insolvenza, un vero “azzardo morale”.

Collusioni di chi ha usato la propria influenza sulle decisioni delle banche per ottenere facile credito, pur non meritandolo. Le attività di credito con parti correlate sono state disciplinate con norme proprio perché da troppo tempo sono causa di partite incagliate o in sofferenza, ma le norme si sono rivelate inefficaci in questi casi.

Più in generale la normativa di vigilanza prudenziale si rivela ridondante nei dettagli, ma non mordente abbastanza per prevenire distorsioni nella concessione di credito e sanzionare le violazioni. L’organo di vigilanza aveva chiesto pochi anni fa la facoltà di rimuovere i vertici delle banche nel caso di comportamenti scorretti che mettessero in pericolo la salute della banca, ma la proposta non ha trovato accoglimento tra gli organi politici per motivi poco evidenti. A questa carenza sanzionatoria si aggiungono i tempi relativi lunghi per attuare interventi in funzione preventiva.

Allo scoppio dell’insolvenza, si assiste al trinceramento tanto delle istituzioni dietro norme imperfette per respingere ogni responsabilità, quanto dei risparmiatori colpiti dietro la loro ignoranza per reclamare dal Governo il rimborso dei risparmi perduti. Un vero scaricabarile di responsabilità da cui alla fine risulta difficile puntualizzare responsabilità e nodi da correggere.

Nel frattempo, la disinvoltura con cui, nonostante la carenza di informazioni attendibili su fatti e comportamenti, media, politici, soloni e sedicenti esperti si sono lanciati subito in giudizi perentori, accuse e diatribe, in cui si mescolano i diversi fattori concausa in una miscela di confusione. Ne è testimonianza anche un Parlamento che si perde in sterili polemiche piuttosto che concentrarsi nell’esaminare le evidenze risultanti dalle ispezioni delle banche e concentrarsi sulle soluzioni per evitare il ripetersi di simili crisi.

Quali soluzioni? I principali punti su cui intervenire sono evidenti: regole efficaci, sanzioni severe e stimoli (bail-in) ad essere responsabili per tutte le parti in causa, tenendo conto della grande disparità di sapere finanziario tra istituzioni finanziarie, vigilanza e risparmiatori; prevenzione di collusioni e conflitti d’interesse; rapidità degli interventi correttivi anche limitando l’effetto paralizzante del benestare della Commissione UE e dei ricorsi giudiziari; trasparenza sui conti bancari e monitoraggio più intenso e pervasivo al primo insorgere di difficoltà nei portafogli di attivi. Saprà l’Italia percorrere rapidamente questa strada? Finora non vi è riuscita, ma prossimamente…?

Ecco il triste Scaricabarile su Banca Marche e Banca Etruria

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