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Sarà forse pretestuosa e probabilmente impopolare, ma la battaglia di Forza Italia in difesa dei diritti dei carcerati è quanto di più liberale si possa immaginare. È liberale anche perché impopolare.

Non si tratta solo di dare effettiva attuazione all’articolo 27 della Costituzione, quello che dispone il carattere riabilitativo e non vendicativo della detenzione, stabilendo che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Si tratta soprattutto di affermare un principio cardine del pensiero liberale: la centralità della persona. Al centro, dunque, è e dev’essere sempre la persona in quanto tale, non la colpa di cui la persona si è eventualmente macchiata. E la persona, con la sua dignità, va tutelata comunque e in ogni contesto. Anche in carcere.

Soprattutto in carcere: nel luogo, cioè dove al diritto dello Stato di privare l’individuo del bene più prezioso che possiede, la libertà, deve necessariamente accompagnarsi il dovere di tutelarne la dignità. Presupposto difficilmente conciliabile con le condizioni di fatiscenza e di sovraffollamento che caratterizzano buona parte degli istituti di pena nelle maggiori città italiane.

Il presupposto vale, indistintamente, per tutti, colpevoli e innocenti, perché tutti, colpevoli e innocenti, hanno gli stessi, identici diritti. Giova, peraltro, ricordare che il semplice fatto di trovarsi reclusi in carcere non è segno di colpevolezza certa. Dei 61480 detenuti oggi presenti negli istituti di pena italiani, il 15 per cento è in attesa del primo giudizio. Percentuale che sale al 25 per cento se si considerano tutti i detenuti in attesa di una sentenza definitiva. Un quarto dei reclusi, dunque, è potenzialmente innocente, dal momento che il già citato articolo 27 della Costituzione stabilisce che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Mentre le statistiche giudiziarie ci dicono che certamente innocenti sono almeno 1000 persone inopinatamente incarcerate ogni anno in Italia.

Sarà forse pretestuosa, e probabilmente impopolare, ma la scelta di Forza Italia di schierarsi al fianco del Partito Radicale in difesa dei diritti dei carcerati non è affatto scontata. Vedremo se, come scrivono oggi i giornali, il partito guidato da Antonio Tajani riuscirà ad ottenere in Parlamento la possibilità di far scontare ai domiciliari il residuo di pena di un anno. Vedremo anche se, d’intesa con il ministro la giustizia Carlo Nordio, verrà introdotta la possibilità di un’esecuzione differenziata per i tossicodipendenti e i detenuti con problemi psichiatrici gravi.

Lega e Fratelli d’Italia hanno già alzato gli scudi: se Forza Italia non defletterà dai buoni propositi esibiti in questi giorni, avrà dato concretezza alla propria, teorizzata, diversità e, rivalutando la centralità della persona, avrà fissato un punto fermo della propria cultura politica. Una cultura liberale, un punto fermo destinato a dare corpo a politiche nuove non solo in materia giudiziaria, ma anche in materia di fisco, istruzione, lavoro, immigrazione…

Lo spirito liberale della battaglia di Forza Italia per i diritti dei carcerati. Scrive Cangini

Non si tratta solo di dare effettiva attuazione all’articolo 27 della Costituzione, quello che dispone il carattere riabilitativo e non vendicativo della detenzione. Si tratta soprattutto di affermare un principio cardine del pensiero liberale: la centralità della persona. Il commento di Andrea Cangini

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