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“Non possiamo avere mezze misure”. Proprio per questo, il commissario al Mercato interno europeo, Thierry Breton, ha deciso di non utilizzare mezze parole per parlare della minaccia che incombe sulle elezioni. Un pericolo non tangibile, identificabile con due termini: intelligenza artificiale. Più nello specifico, diventano tre: intelligenza artificiale generativa. “Sappiamo che questo periodo elettorale che si sta aprendo nell’Unione europea sarà preso di mira attraverso attacchi ibridi o interferenze straniere di ogni tipo”, ha aggiunto il commissario la scorsa settimana, annunciando delle novità per contrastare il pericolo.

L’Ue si sta dotando del più grande regolamento in materia al mondo, ma non è il primo. Già in passato aveva adottato misure che potessero dare dei paletti ad aziende e sviluppatori. Tra questi, il Digital Markets Act (Dma) e il Digital Services Act (Dsa). Proprio quest’ultimo sarà l’arma con cui costringere le aziende a individuare ed eliminare i numerosi deep fake che già circolano in rete. Non è ancora stato stabilito quando le Big Tech dovranno adempiere al loro dovere, ma è sicuro che dovranno farlo.

OpenAI di Sam Altman ha già assicurato di regolarsi secondo le direttive di Bruxelles, stessa garanzia offerta da Meta, guidata da Mark Zuckerberg, che però si adeguerà “nei prossimi mesi”. Tutte sono chiamate a questo sforzo, compresa la cinese TikTok e X. Su quest’ultima, il punto interrogativo è d’obbligo dopo che Elon Musk non sembra voler inserire la sua società all’interno della coalizione per contrastare la disinformazione online.

A inizio marzo, ha spiegato Breton, la Commissione europea pubblicherà anche delle linee guida per contrastare questo fenomeno. “Descriveremo in modo specifico ciò che le piattaforme dovranno fare per assicurarsi che siano conformi al Dsa quando si tratta dell’integrità delle elezioni”.

Ci sono delle questioni che vanno ultimate in casa europea. O meglio, precisate. A iniziare dal modo in cui il Dsa dovrà essere applicato, visti gli scontri interni che fanno ritardare la sua entrata in vigore, anche per i costi elevati che richiede. Come ha precisato insieme ad altri colleghi Věra Jourová, vicepresidente della commissione per i valori e la trasparenza, la Commissione non può essere un’autorità che punta il dito contro le aziende ancor prima che queste commettano un illecito. Per dirle con le parole che un funzionario anonimo ha rilasciato a Politico, “non si possono giudicare in anticipo tramite un tweet”. Un chiaro riferimento a Breton, che avrà un bel da fare da qui a giugno.

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