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Bruxelles fa marcia indietro sul green deal immaginato da Timmermans e prova a riscrivere il canovaccio di una riforma che, per quanto utile e improcrastinabile, deve essere tarata sulle esigenze di imprese e clima, senza produrre disastri occupazionali e industriali. Questa la ragione alla base della decisione di Ursula von der Leyen di cancellare una rotta che sta facendo andare fuori strada le industrie europee.

Da un lato la revisione dei target sulle emissioni zero, dall’altro le richieste specifiche di Italia e Germania circa la possibilità di utilizzare i biocarburanti, anche al fine di rendere flessibili gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nei prossimi anni (e le conseguenti multe). Il comune denominatore è che von der Leyen adesso considera una priorità la necessità di coniugare competitività e decarbonizzazione, per cui ufficialmente si salva il green deal, ma depurandolo di alcune componenti che impattano negativamente sul comparto automobilistico che nella sola Germania ha prodotto, per la prima volta nella storia, i noti licenziamenti.

Governare e non subire la transizione ecologica ed energetica è il principale obiettivo dell’Ue, che osserva con preoccupazione i numeri dell’automotive in virtù di vendite stagnanti e di un mercato europeo in sostanza fermo ai livelli pre-Covid. Secondo i dati forniti dall’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, l’Europa è la sola regione del mondo a non avere recuperato i livelli di vendita pre-Covid, con un gap di oltre 3,7 milioni di veicoli.

La svolta, dunque, nasce anche dopo le numerose riflessioni sul tema avanzate dal governo italiano, che ancora ieri in occasione del Green Building Forum Italia ha messo l’accento sui punti dolenti della riforma Timmermans. Giorgia Meloni ha spiegato che la sostenibilità ambientale deve camminare di pari passo con la sostenibilità economica, per questa ragione Roma segue la strada della riduzione delle emissioni da un lato e del contributo al processo di decarbonizzazione dall’altro, all’insegna di “un percorso che va condotto con realismo, buon senso e concretezza, non ha alcun senso perseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione produttiva e industriale, banalmente perché non c’è niente di ‘green’ in un deserto”.

Spunti che sono stati con costanza portati all’attenzione di vari consigli europei, nella consapevolezza che la sostenibilità ambientale va di pari passo con quella economica e sociale e che ancora in questi giorni sono presenti sui tavoli di Bruxelles dove il ministro del made in Italy Adolfo Urso ha incontrato sei commissari europei a cui ha ribadito un punto che Roma considera nevralgico: ”L’Europa deve fare le cose che servono ai cittadini e alle imprese europee. Quindi una politica industriale assertiva che investa sulle imprese e sul lavoro in Europa, cancellando le follie del green deal che ci hanno resi subordinati alle scelte della Cina su una tecnologia che noi non possediamo ancora e in cui siamo in dieci anni in ritardo”.

Inversione Green deal, von der Leyen cambia la rotta di Timmermans

La svolta nasce anche dopo le numerose riflessioni sul tema avanzate dal governo italiano, che in occasione del Green Building Forum Italia ha messo l’accento sui punti dolenti della riforma Timmermans. Giorgia Meloni ha spiegato che la sostenibilità ambientale deve camminare di pari passo con la sostenibilità economica, per questa ragione Roma segue la strada della riduzione delle emissioni da un lato e del contributo al processo di decarbonizzazione dall’altro, all’insegna di “un percorso che va condotto con realismo, buon senso e concretezza”

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