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Dopo la strage jihadista a Parigi, la Francia ha chiesto l’aiuto dei partner internazionali per contrastare sul campo il terrore dello Stato Islamico. Due le principali opzioni davanti a sé: la prima, quella scelta martedì scorso a Bruxelles durante il Consiglio di Difesa, prevede il ricorso alla clausola di assistenza reciproca prevista dall’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona in caso di aggressione armata a uno degli Stati membri. La seconda, ancora non vagliata, coinvolgerebbe la Nato, in base a un simile principio di mutua assistenza contenuto nell’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico.

LA MANO TESA DEGLI USA

Gli Stati Uniti, “azionista di maggioranza” dell’Alleanza, hanno teso la mano all’Eliseo. “Questa è una decisione che devono compiere i francesi”, ha detto al programma Meet the Press, sulla Nbc, il vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Ben Rhodes. “Quello che abbiamo fatto capire ai francesi è che saremo spalla a spalla con loro in questa risposta” all’orrore dei drappi neri.

COSA POTREBBE FARE LA NATO?

L’articolo 5 della Nato, ricorda The Atlantic, è stato invocato solo una volta dalla sua nascita: dopo gli attacchi qaedisti dell’11 Settembre 2001. Ma cosa potrebbe fare concretamente l’Alleanza atlantica? In un’intervista con Npr, l’ammiraglio James Stavridis, già comandante supremo delle forze alleate, ha sottolineato che gli attentati di Parigi non sono stati dissimili da quelli dell’11 Settembre, per i quali l’articolo 5 venne adottato e costituisce un valido precedente. “Penso che una risposta della Nato potrebbe iniziare con un maggiore livello di condivisione dell’intelligence e con azioni specifiche da parte delle nazioni dell’Alleanza per sostenere la campagna in corso” in Siria e Iraq. “In secondo luogo, la Nato potrebbe occuparsi dei bombardamenti”, rendendoli molto più efficaci. Terzo, “l’Alleanza dovrebbe assumere la missione di addestramento, sia dei curdi nel nord sia delle forze di sicurezza irachene nel sud”.
Alla Bbc, invece, sempre Stavridris ha predetto che la Nato “porterebbe truppe sul terreno contro lo Stato islamico”, almeno “dai 10 ai 15mila soldati”.

CHI PENSA DI NO…

Come mai Parigi ha deciso di non avvalersene? Secondo Omar Larami, un analista militare della società d’analisi d’intelligence Stratfor ascoltato da Newsweek, i contro di questa scelta sono diversi. Il primo è che non c’è alcuna garanzia che un’invasione di terra si concretizzasse, anche se la Francia chiedesse l’intervento degli alleati. “L’articolo 5 parla di una risposta comune di tutti gli alleati, ma ogni nazione potrebbe scegliere di compiere l’azione che ritiene migliore. Solo perché un alleato richiama l’articolo – prosegue l’esperto – non significa che gli altri alleati siano obbligati a inviare più forze armate”. Inoltre Lamrani sostiene che l’entrata in campo della Nato potrebbe addirittura costituire un incentivo morale per l’Isis. “Nelle loro menti questo darebbe loro legittimità. Vogliono provocare una risposta massiccia e se la Nato utilizzasse l’articolo 5, i drappi neri potrebbero sostenere che si tratta di una vera guerra e non solo uno sforzo di lotta al terrorismo”.

… E CHI PENSA DI SÌ

Forse più nutrito il fronte di chi pensa che, invece, Parigi stia sbagliando. Per il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, la scelta di non avvalersi del sostegno dei partner Nato potrebbe essere poco efficace: “Se anche noi dovessimo fare somma di tutti gli eserciti europei, come auspica la Francia, avremmo strumento monco. A questa Europa mancano le necessarie capacità d’intelligence e per condurre azioni belliche complesse. Capacità che oggi sono solo nelle mani degli Usa. Per questo sarebbe stato meglio appellarsi all’art. 5 del Trattato Nord Atlantico, per il quale, tra l’altro, esiste un precedente, quello del post Torri Gemelle”.
Dello stesso avviso anche Anders Fogh Rasmussen, che ha guidato l’Alleanza dall’agosto del 2009 all’ottobre del 2014. Sempre al settimanale americano, l’ex segretario generale della Nato ha spiegato che “formalmente, gli attacchi a Parigi possono” richiedere “un appello all’articolo 5. È stato un attacco contro un alleato e sappiamo chi lo ha condotto”. Rasmussen venne eletto primo ministro della Danimarca, un membro della Nato, due mesi dopo gli attentati di New York e dice: “Questa è molto simile alla situazione post 11 Settembre. In quel momento c’erano anche più dubbi su chi fosse l’aggressore”. Tuttavia l’Alleanza decise all’unanimità di ricorrere all’articolo 5. Non ho alcun dubbio che, se la Francia lo chiedesse, ci sarebbe consenso”. Ma perché proprio la Nato? Perché, ha aggiunto Rasmussen, “è un’organizzazione di sicurezza unica, che ha un’eccezionale struttura di comando militare pronta. Siamo abituati a lavorare insieme. Non ho alcun dubbio che un’operazione dell’Alleanza sarebbe militarmente un successo. Resta da chiedersi se la Francia chiederà questo contro Stato islamico e io non credo che lo farà”.

Cosa può fare la Nato contro Isis

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