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Da lettore abituale delle sue riflessioni domenicali, non mi ha certamente sorpreso l’entusiasmo di Eugenio Scalfari per “il linguaggio profetico e rivoluzionario” usato anche nella visita in America dal Papa, “gesuita e francescano fino in fondo”. Un Papa che avrebbe “saputo unificare la parte migliore di questi due Ordini della Chiesa, in apparenza molto lontani tra loro”. Cose ben scritte, “da par suo”, come ha certificato l’ammiratore Walter Veltroni sull’Unità occupandosi dei precedenti interventi di Scalfari sulle parole e sulle azioni di Papa Francesco.

Non mi ha sorpreso, in fondo, neppure l’abbinamento del Pontefice a Barack Obama, o viceversa, operando entrambi “in settori diversi ma con finalità affini”, secondo il loro comune estimatore.

Mi ha invece sorpreso, anzi turbato, l’infausta profezia che ho visto, spero a torto, in queste parole di Scalfari: “Purtroppo non avranno molto tempo a loro disposizione”.

Obama, in effetti, non ne ha perché il suo secondo mandato presidenziale si avvia ormai alla scadenza quadriennale, per cui non può istituzionalmente seguirne un terzo. Ma il mandato del Papa non ha scadenza, se non nella morte o in una sua volontaria e irrevocabile rinuncia, clamorosa come quella del predecessore Benedetto XVI. Rinuncia che mi sembra assai improbabile sia per il carattere di Bergoglio sia per lo scenario che ne deriverebbe: quello di due Pontefici emeriti insieme con quello felicemente regnante ma destinato, secondo un’altra profezia di Scalfari, a “non essere all’altezza” di Francesco.

Esclusa una rinuncia, mi chiedo, anche alla luce dei suoi ormai arcinoti rapporti di frequentazione con il Papa, oltre che stima e di pur laica devozione, perché mai Scalfari sia convinto che non abbia “molto tempo a disposizione”. Certo, Francesco con i suoi 79 anni da compiere il 17 dicembre prossimo non è un giovanotto, ma ha pur sempre 12 anni in meno dei 91 felicemente compiuti da Scalfari, se non sbaglio, nello scorso mese di aprile.

Mi chiedo con una certa angoscia che cosa il papa laico sappia del Papa religioso, e a noi comuni mortali non sia dato di sapere.

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Il problema non si pone naturalmente per le profezie critiche ma non infauste di Scalfari sul giovane presidente del Consiglio Matteo Renzi, inutilmente segnalatogli pubblicamente dall’editore Carlo De Benedetti come “figlio della modernità”.

Oltre al riconoscimento che Renzi sia “la personalità politica più importante in Italia, per suo merito e per la debolezza degli altri”, Scalfari non è voluto andare, sospettoso com’è che “una parte rilevante del popolo lo segua con rassegnato entusiasmo, come fece in altri tempi con Berlusconi”, di cui papa Eugenio non si può certamente considerare un estimatore.

Dice tutto quel formidabile ossimoro inventato da Scalfari per paragonare il consenso attuale di Renzi a quello passato di Berlusconi, accomunati da un rassegnato entusiasmo prodotto evidentemente dall’assenza di alternative realistiche di cui sta godendo Renzi, come ne ha goduto a suo tempo Berlusconi. Formidabile, quell’ossimoro, per l’inventiva giornalistica che va riconosciuta a  Scalfari, a prescindere dal dissenso che si può avere dalle sue opinioni. Per esempio, dal plauso ch’egli ha riservato ai referendum allestiti dall’ormai ex Pd Pippo Civati contro le leggi di “modestissima qualità” volute e sinora portate a casa da Renzi, per non parlare di quella ancora in cantiere parlamentare per la riforma del Senato.

In quei referendum Scalfari ha visto e indicato una buona occasione per far passare “le decisioni” da Renzi al “popolo”, del cui pur rassegnato entusiasmo evidentemente egli non è poi tanto convinto.

Che le leggi, chiamiamole così, di Renzi siano pasticciate, a volte persino troppo, posso convenire. Non ritengo però che siano comunque peggiori di quelle paralizzanti che le precedevano, per cui non mi entusiasma, e tanto meno mi convince, la campagna referendaria di Civati e compagni.

(I MIEI DUBBI SUL DUBBIOSO PIETRO INGRAO. L’ALTRO GRAFFIO DI DAMATO)

Le ultime profezie di Eugenio Scalfari

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