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Monsignore Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei latini, ci porta con le sue parole in Siria: uno scenario monopolizzato dai bombardamenti quotidiani nelle scuole, campi, piazze, chiese, moschee. Dove la quotidianità sembra un inferno, ma la vita comunque scorre e cerca la normalità.

DISAGI QUOTIDIANI

In Siria c’è è poca elettricità, niente acqua. Da due anni il cibo si trova, ma costa molto. Troppo. In pochi possono permetterselo. I due milioni di abitanti che sono rimasti ad Aleppo vivono in uno stato di povertà estrema. Non hanno soldi. La città cerca di andare avanti, nonostante la paura ma si produce nulla.

REGIONI DIVERSE

In un’intervista con Formiche.net, Abou Khazen ha spiegato che non tutte le regioni della Siria sono uguali: “Alcune zone sono più calme. Gli abitanti hanno l’acqua e l’elettricità per 12-13 ore al giorno. Altre invece sono meno sicure e soffrono più disagi. Una delle città più a rischio è Aleppo, dove abbiamo energia elettricità per un’ora al giorno, a volte 30 minuti”.

IL PREZZO DEL CIBO

Rispetto a due anni fa, in Siria c’è più cibo. Abou Khazen racconta che nel 2013 era quasi impossibile trovare qualsiasi alimento. “Ora l’esercito ha aperto un varco per la distribuzione di alcuni prodotti e c’è più fornitura”, dice. L’elemento che lo fa diventare ancora inarrivabile però è il valore. “Questa gente è povera, non lavora, come fanno a pagare quelli prezzi? – si chiede Abou Khazen -. Per questo la chiesa cerca di offrire assistenza alimentare, medica e scolastica, per questa povera gente che vuole andare avanti”.

L’ACQUA COME ARMA

Il problema più grave è quello dell’acqua. Come ha spiegato Formiche.net, i pozzi ci sono, ma nelle mani delle milizie. La fornitura dell’acqua è un’arma di sottomissione. “Passiamo due e fino a tre settimane senza acqua – racconta Abou Khazen – . Le città sono divise in quartieri, quelli sotto il controllo delle forze governative o sotto il controllo dei ribelli. Potete immaginare le condizioni di una città di due milioni di persone senza acqua?”.

NUOVE FERITE

Per fortuna, le chiese e le moschee di Aleppo hanno a disposizione pozzi indipendenti ed è stata ideata una strategia di rifornimento in cui le persone si vengono a prendere l’acqua per portarla a casa. A molti sono venute le ernie al disco, per portare bidoni pesanti sulle scale per cinque, sei piani. “Adesso stiamo attivando delle piccole pompe per fare arrivare l’acqua ad anziani e persone malate”, ha detto monsignore Abou Khazen.

BISOGNA ANDARE A SCUOLA, COMUNQUE

I bambini sono portati a scuola sfidando scontri, attacchi, la violenza della guerra, la vita continua. Ma costa. Le scuole in Siria sono distrutte dai bombardamenti. Molte sono diventate rifugio dei profughi. Ma la vita deve continuare e per questo i professori non fermano le lezioni, ovunque possono farlo.

CONTRO I CIVILI

E poi c’è il tema della sicurezza: “Ad Aleppo ci sono bombardamenti continui. Feriti da per tutto, in tutti i quartieri. Anche alcune zone di Damasco sono sottoposte all’opposizione. Al momento di attaccare, i vari gruppi non fanno distinzioni e a pagare è la popolazione civile”, ha spiegato Abou Khazen. Le fazioni che si scontrano in Siria, ha detto il monsignore, contano con armi moderne, sempre più letali. I siriani non sentono sicuri da nessuna parte e per questo scappano.

UNA SIRIA MODERATA

Secondo il vicario apostolico di Aleppo ha ragione Papa Francesco: la guerra in Siria è un altro conflitto che alimenta i grandi produttori di armi mondiali. “Com’è possibile che la comunità internazionale non trovi una soluzione in Siria? Non bisogna dare più armi, a nessuno. La politica cerca di fare stare a favore o contro alcuni nomi, ma è inutile. Resta solo incoraggiare il dialogo tra tutte le parti in conflitto. Così la Siria tornerà ad essere quello che era: un Paese pluralista, anche laico e moderato”, ha ricordato. Una Siria dove la vita di ogni giorno trascorreva con meno disagi e più calma. Un luogo da dove pochi volevano andare via, dove si poteva restare.

Vi racconto come si vive ad Aleppo. Parla monsignor Georges Abou Khazen

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