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Implementare lo storico accordo con l’Iran e tranquillizzare al tempo stesso gli alleati americani della regione, timorosi che l’intesa fornisca più mezzi economici a Teheran per aumentare la sua influenza nell’area. È la doppia scommessa di Washington, che prova così a stabilizzare il Medio Oriente.

L’INCONTRO A DOHA

Ill segretario di Stato Usa, John Kerry si è recato ieri a Doha, in Qatar, dove ha incontrato i sei Stati membri del Consiglio di cooperazione del Golfo Persico (Gcc): Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar. “Il nostro scopo – ha dichiarato – è che il comportamento di Teheran migliori”. “Conosciamo tutti l’esplicito appoggio storico dell’Iran al terrorismo – ha rimarcato, riferendosi al sostegno dato per esempio a Hezbollah in Libano – ma speriamo che le cose cambino, anche se siamo preparati all’eventualità che ciò non accada”.

LA NOTA CONGIUNTA

Concetti ribaditi in una nota congiunta diffusa alla fine del summit e che non lascia spazio a dubbi: l’accordo con l’Iran ha basi geopolitiche, ma gli Usa non si tireranno indietro se Teheran dovesse diventare una minaccia diretta nei confronti dei suoi alleati.

UNA NUOVA CONVERGENZA

Usa e Gcc sembrano dunque aver trovato un terreno comune diplomatico. Ricordando il loro impegno per contrastare i tagliagole dell’Isis e ogni forma di estremismo, entrambi hanno espresso “preoccupazione per le recenti dichiarazioni di alcuni funzionari iraniani, ribadito la loro opposizione al sostegno dell’Iran al terrorismo e per le sue attività destabilizzanti nella regione e sono impegnati a lavorare insieme per contrastare le loro interferenze, in particolare i tentativi di minare la sicurezza e d’interferire negli affari interni degli Stati membri del Gcc, l’ultimo nel Bahrain”, ma anche in Yemen.
Problematiche che non mettono in discussione l’approdo finale, sul quale sembra esserci sintonia, almeno per ora. “Questa – ha rimarcato al termine del vertice il ministro degli Esteri del Qatar, Khalid al-Attiyah, presidente di turno del Gcc – “è stata la scelta migliore tra le altre opzioni per cercare di trovare una soluzione per le armi nucleari dell’Iran”. Per questo motivo, i Paesi del Golfo hanno accolto con favore il piano di Kerry. “Lui ci ha detto che ci sarà una sorta di supervisione per impedire che Teheran si doti dell’atomica” e ciò “è rassicurante per la regione”. Parole che non trovano concorde il premier israeliano Benjamin Netanyahu, scettico sulla possibilità che il regime iraniano possa davvero cambiare pelle.

IL PROBLEMA DI OBAMA

La posizione di Gerusalemme rappresenta un problema non da poco per la Casa Bianca. Il presidente Barack Obama è infatti bloccato in una feroce battaglia politica a Washington, dove cerca di raccogliere il medesimo sostegno all’accordo a Capitol Hill, controllato in entrambi i rami dai repubblicani. Il Gop, politici filo-israeliani, le potenti lobby ebraiche come l’Aipac (ma anche alcuni pezzi dei democratici) sono fortemente contrari all’intesa, che ritengono minerà alla lunga gli interessi dei loro partner più stretti. Il Congresso sta sfruttando il periodo di 60 giorni a sua disposizione per analizzare l’intesa nel dettaglio e voterà a settembre per decidere se approvarla o rifiutarla.
Proprio oggi, per mettere a posto le cose in casa propria, Obama incontrerà una serie di associazioni e gruppi di ebrei americani per spiegare il suo punto di vista sull’importanza dell’intesa con Teheran.

LA VITTORIA DELLA CASA BIANCA

Quella della Casa Bianca può dunque essere definita davvero una vittoria? Forse non del tutto (o almeno non ancora), anche se viene rilevato anche dalla stampa non certamente obamiana – come nel caso del Wall Street Journal del magnate australiano dell’editoria Rupert Murdoch – che quella di ieri è una moderata apertura da parte dei Paesi del Golfo, dopo le critiche aspre dei mesi scorsi e potrebbe spianare la strada a risvolti inaspettati.

LA VENDITA DI ARMI

Ad incidere in questo cambiamento, spiega il Washington Post, c’è senza dubbio l’intensa attività di lobbying messa in campo dal Dipartimento di Stato, ma forse soprattutto la rassicurazione, data da Kerry, sulla volontà statunitense di accelerare la vendita di armi ai Paesi del Golfo. L’amministrazione, ha sottolineato il capo della diplomazia Usa, “si è detta d’accordo a velocizzare alcune forniture di armi che servono e che sono andate troppo per le lunghe in passato”. Una mossa che ha dato un segnale forte sul fatto che Washington continuerà a garantire il suo aiuto sui temi della sicurezza agli Stati sunniti della penisola araba, nemici storici dell’Iran sciita.

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