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Giugno rischia di essere l’ultimo mese di vita per la Nuova Fiera di Roma. Il polo fieristico – situato tra la Capitale e l’aeroporto di Fiumicino ed inaugurato ad aprile 2006 dall’allora sindaco, Walter Veltroni – è ormai sull’orlo del default. I debiti accumulati negli anni superano complessivamente i 200 milioni di euro mentre il fatturato continua a diminuire (dai 36 milioni del 2010 si è passati ai 21,7 del 2014).

LA SOCIETA’

La Nuova Fiera di Roma è controllata al 100% da Investimenti Spa (che detiene pure la vecchia Fiera di Roma sulla via Cristoforo Colombo), il cui capitale è ripartito tra Camera di Commercio di Roma (58,538%), Roma Capitale (21,762%), Regione Lazio (9,800%) e Sviluppo Lazio (9,800%). Tra questi soci, il Campidoglio ha manifestato la volontà di dismettere la sua partecipazione. Come raccontato da Formiche.net nei mesi scorsi, già prima di Natale il sindaco di Roma, Ignazio Marino, aveva incontrato il presidente della Camera di Commercio, Giancarlo Cremonesi, “per annunciargli l’intenzione di uscire dalla società che gestisce la Fiera di Roma”.

LA SITUAZIONE DEBITORIA

I debiti – come si è già sottolineato – sono tanti e tali da portare la Fiera di Roma dritta al fallimento. A fare il punto della situazione sull’indebitamento complessivo ci ha pensato l’amministratore delegato di Investimenti spa, Carlo Paris, durante l’audizione dello scorso 20 maggio in commissione al Campidoglio. “Investimenti Spa ha 185 milioni di debiti nei confronti di Unicredit mentre Fiera di Roma ha 35 milioni di debiti”.

In totale fanno 220 milioni, la maggior parte dei quali di Investimenti Spa nei confronti di Unicredit. Si tenga conto a tal proposito che nel 2005, dunque prima della fusione tra Unicredit e Capitalia, Banca di Roma aveva finanziato la realizzazione della struttura con circa 200 milioni. Crediti che ovviamente due anni dopo, con la fusione, sono passati nella pancia di Unicredit. I debiti della Fiera di Roma sono invece tutti verso i fornitori.

IL CONCORDATO IN CONTINUITA’

Allo stato attuale, la Fiera di Roma è stata ammessa dal Tribunale al cosiddetto concordato preventivo in continuità aziendale. E’ stato richiesto a febbraio scorso e concesso il 3 marzo. La prossima scadenza è prevista per il 3 luglio (salva la possibilità di un ulteriore proroga di 60 giorni). Entro quella data bisognerà mettere mano a un piano di ristrutturazione che consenta di salvare la Fiera di Roma dal fallimento. Il tempo stringe, su 120 giorni complessivi (dal 3 marzo al 3 luglio) ne sono passati quasi 90 senza che si siano fatti significativi passi avanti.

IL DESTINO DELLA VECCHIA FIERA DI ROMA

La sopravvivenza della Nuova Fiera di Roma è strettamente collegata al futuro della Vecchia. Al momento di partire con i lavori – costati oltre 350 milioni di euro – era stato previsto di rientrare dai debiti contratti attraverso la valorizzazione e la cessione della Vecchia Fiera. Ebbene, dal 2006 sono passati 9 anni ma quel progetto è rimasto lettera morta. La struttura è stata di fatto abbandonata nell’attesa, finora vana, che il Campidoglio varasse il cambio di destinazione d’uso con contestuale aumento delle cubature, necessari per attirare l’interesse di qualche compratore. Nei piani dell’attuale amministrazione 75.000 metri quadrati dell’area dovrebbero essere destinati all’edificazione (Veltroni ne aveva previsti 87.900 mentre il precedente sindaco, Gianni Alemanno, 91.300). A luglio 2014, la Giunta guidata da Marino ha approvato l’apposita delibera che però da quel momento è rimasta impantanata in Consiglio Comunale per il solito gioco dei veti reciproci. E senza i soldi della Vecchia Fiera, il destino della Nuova appare sempre più appeso ad un filo.

LO SPETTRO DEL FALLIMENTO

A questo punto, quindi, la data clou a cui guardare, è il 3 luglio. Entro quel giorno, dovrà essere trovata una soluzione perché dopo, potrebbero non esserci alternative al portare i libri in tribunale. Ne è più che convinto l’amministratore unico di Fiera di Roma, Mauro Mannocchi che da tempo continua a ripetere il suo appello – allarme. “Mettendo sotto controllo i conti e con una gestione oculata, Fiera di Roma può lavorare. Il bilancio del 2014 l’abbiamo chiuso in pareggio. Ora i soci devono ricapitalizzare oppure vendere a un privato per salvare la Fiera. Altrimenti sarà fallimento”.

SCIOPERO E LICENZIAMENTI

La crisi si sta inevitabilmente ripercuotendo sui livelli occupazionali. Al momento, 23 lavoratori su 74 complessivi si trovano in mobilità. Chiaro in questo senso il messaggio che arriva dall’A.D. di Investimenti Spa Paris. “Ai lavoratori dico che non siamo in grado di garantire occupazione per tutti oggi. Questa occupazione è sovradimensionata rispetto ai ricavi della Fiera di questi anni”. I sindacati però non ci stanno: il 9 e 10 giugno sarà sciopero in occasione dell’inaugurazione di un importante congresso europeo di Reumatologia. Un’iniziativa a cui Mannocchi risponde con un invito al realismo per evitare che – nel tentativo di salvare tutti i lavoratori – alla fine finiscano tutti licenziati. “Dobbiamo scegliere se salvare almeno 50 lavoratori o se chiudere tutto. Il sindacato, invece di fare il “barricadero”, ci aiutasse a ragionare per il bene della Fiera”.

Che cosa succede alla Fiera di Roma

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