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Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, uomo sorridente, politico esperto, rinuncia a scendere in campo per la nomination democratica a Usa 2016: era un rivale in grado d’impensierire Hillary Rodham Clinton, la battistrada, la cui marcia s’è un po’ appesantita in estate tra scandali montati e antipatia naturale; ma sarebbe pure stato un frangiflutti per l’ex first lady, da mesi l’unico bersaglio di tutti gli attacchi repubblicani, e una ruota di scorta per i democratici. Che restano ora senza alternativa, se qualcosa dovesse andare storto alla loro ‘candidata unica’.

Gli indizi che Biden, 73 anni, potesse scendere in campo si andavano accumulando da mesi: i media segnalavano vertici familiari, incontri preparatori, consulti preliminari e non solo la Fox aveva dato per sicura la candidatura. Ma i castelli in aria sono evaporati ieri, quando s’è saputo che Biden avrebbe fatto una dichiarazione dalla Casa Bianca, con accanto il presidente Barack Obama e la moglie Jill: la partecipazione alle primarie non sarebbe mai stata annunciata lì, tanto meno con il presidente come testimonial: Obama ha i suoi debiti verso la famiglia Clinton e s’è sempre mantenuto neutrale sulla scelta del suo vice.

“Siamo fuori tempo massimo per allestire una campagna elettorale di successo”, ha spiegato Biden, dicendo una cosa non del tutto vera. E ha aggiunto: “Non sarò candidato, ma non starò in silenzio”, ammettendo che il figlio Beau l’aveva esortato a puntare alla Casa Bianca prima di morire d’un cancro al cervello, nel maggio scorso. Biden conferma lealtà al presidente, che “ha guidato la ripresa del nostro Paese” e invita i democratici ad “abbracciarne l’eredità” (la Clinton l’ha già fatto, ponendosi in una linea di continuità con l’Amministrazione uscente).

Per la nomination democratica, restano dunque in lizza, insieme a Hillary, il senatore del Vermont indipendente e ‘socialista’ Bernie Sanders, che va meglio del previsto nei sondaggi, ma che non ha chance di successo e, ai margini dei giochi, gli ex governatori Martin O’Malley, del Maryland, e Lincoln Chafee, di Rhode Island. S’è appena ritirato l’ex senatore della Virginia Jim Webb.

Rispetto a tutti questi, Biden offriva un’alternativa a Hillary ben più affidabile e credibile: figura nota e ‘di garanzia’ per l’elettorato democratico tradizionale e per quello centrista, né decisionista né impulsivo; lo indicano pure i tentennamenti sulla candidatura, che sarebbero stati sciolti solo martedì sera.

I sondaggi – ultimo quello di Nbc e Wall Street Journal – gli davano già una quota di intenzioni di voto buona, con uno zoccolo duro intorno al 15%, prima ancora di scendere in lizza. A dissuaderlo dal correre, secondo alcuni osservatori, potrebbe avere contribuito l’ottima prestazione nel dibattito televisivo fra candidati democratici della scorsa settimana dell’ex first lady: il rilevamento Nbc/Wsj la colloca ora al 49% e in crescita, contro il 29% in calo di Sanders.

Un po’ scontate le reazioni al suo ‘no’. Hillary lo definisce “un buon amico” e “una fonte d’ispirazione”. E il battistrada repubblicano Donald Trump fa finta di tirare un sospiro di sollievo: “Meglio contro Hillary che contro Biden” (tanto lui alla nomination non ci arriva).

Hillary Clinton gongola per la rinuncia di Joe Biden

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