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Nel vuoto totale di pensiero e di coraggio del sindacato è arrivata la stoccata di Confindustria: nei prossimi contratti introdurre una voce che leghi salari a produttività. Avrebbe dovuto essere il contrario: una rivendicazione dei sindacati e non di Confindustria.

Credo siano molti anni che il salario, tra i fattori, della produzione sia il più debole. Quello che non cresce mai. Abbiamo un sindacato, apparentemente, conflittuale e antagonista. Apparentemente! Infatti un sindacato che non contratta e non aumenta i salari è perfettamente inutile, debole e ideologico. Il sindacato si è perso in una babele paralizzante che chiama “difesa dei diritti”. A parole. Il primo diritto che un sindacato deve difendere è il diritto ad una giusta retribuzione. E invece la retribuzione dei lavoratori è la cosa più ferma e immobile tra i redditi degli italiani.

Questi stessi sindacati, fermi e incapaci nelle battaglie salariali, sono gli stessi che si lamentano, continuamente, del fatto che si allargano le diseguaglianze. Ma come si può in una fase di crisi aumentare i salari? Sembra impossibile. Invece no. Se si cala il contratto nazionale più dentro le singole fabbriche o aziende di servizio e si legano i salari alla produttività (delle singole fabbriche o servizi) allora è possibile scambiare quote di salario con quote di produttività. Èl’unica via che oggi può portare ad aumenti salariali. Implica una profonda riforma culturale. Sia delle imprese che dei sindacati.

È incredibile come, perduto tra l’impotente antagonismo e il blabla inconcludente sui “diritti”, il sindacato non capisca cosa significa per le imprese e gli imprenditori, aderire alla contrattazione sulla produttività. Significa aprire i libri dei conti, squadernare la trasparenza delle pratiche fiscali dell’impresa, abolire il nero, tornare a presentare il profitto per quello che deve essere in un’economia sana: non una remunerazione ottenuta con pratiche discutibili pur di salvare l’impresa ma la giusta remunerazione del capitale investito.

Produttività e investimenti si tengono insieme. Contrattare la produttività porta la torta a crescere per tutti in termini di volumi, ore lavorate, efficienza, macchinari occupazione. Se tutto ciò è possibile i lavoratori devono essere ricambiati con più salario. C’è un “diritto” più importante di questo per un lavoratore? In Italia la vecchiezza e l’ideologismo dilagante tra i sindacati portano al terrore verso queste pratiche di partecipazione e di cogestione. Si preferisce l’inutile nenia sui diritti” che da anni non porta né a un diritto in più né ad un euro in più in busta paga.

E poi dicono, i sindacalisti, che li chiamano burocrati e che perdono iscritti.

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