Skip to main content

Il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, in una intervista sul Sole 24 Ore, commentando la vicenda Verdini, è tornato su una annosa questione: la regolamentazione delle lobby. Per Busia lo scandalo in corso potrebbe servire come una “sveglia per portare finalmente ad un intervento normativo organico non solo in materia di lobby ma anche di conflitto di interesse”. Lo stesso presidente, in realtà, aveva già evidenziato tale esigenza, spingendosi finanche ad appellarsi al parlamento e al governo perché colmasse tale lacuna.

D’altronde in tutti i Paesi democratici, con l’eccezione di Italia, Grecia e Spagna, esistono norme puntuali che disciplinano la relazione tra interessi privati e soggetti pubblici, nella consapevolezza che i primi hanno tutto il diritto di influenzare i secondi a condizione che sia assicurata la parità di accesso e la trasparenza del processo decisionale. Si tratta di due condizioni cruciali: stando, infatti, alle cronache giornalistiche, sembra che certi soggetti utilizzavano contatti privilegiati per influenzare le decisioni in merito ad appalti, nomine e norme. Chiaramente tutto dovrà essere verificato, ma il tema resta perché, anche se la vicenda dovesse sgonfiarsi come avvenuto per tanti simili presunti scandali, non è pensabile che la relazione tra portatori di interessi e decisore pubblico resti opaca per sempre.

Dieci anni fa, su questo giornale, abbiamo posto la medesima questione e tratteggiato il contenuto di una possibile regolamentazione. A distanza di dieci anni nulla si è mosso. Nella scorsa legislatura, a dire il vero, la Camera dei deputati ha approvato una proposta organica, per certi versi lacunosa e problematica ma almeno rappresentava un segnale dato dalla politica alla pubblica opinione e ai professionisti del settore; il testo si arenò in Senato e poi decadde con lo scioglimento anticipato del Parlamento. In questa legislatura, il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati, Nazario Pagano, ha costituito un gruppo di lavoro ed entro l’estate ci sarà una proposta in materia. Tuttavia serve un intervento immediato.

Nella conferenza stampa di qualche giorno fa, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rimarcato come, nel suo governo, non ci sia posto per gli affaristi e i lobbisti (immaginando che volesse riferirsi ai “lobbisti disonesti” e non all’intera categoria). Se le parole della premier hanno un peso, occorre ora che il governo intervenga, con un decreto legge, a regolare le lobby partendo da 4 norme essenziali:

1) definire chi può esercitare tale professione e quali caratteristiche deve avere;

2) prevedere per i lobbisti parità di accesso al decisore pubblico secondo rigorose regole di trasparenza;

3) introdurre l’agenda pubblica degli incontri tra lobbisti e decisori perché non c’è nulla da nascondere ed è normale che in un paese civile chi rappresenta interessi particolari abbia il diritto di portarli alla conoscenza di chi decide a condizione che il cittadino ne sia informato;

4) fissare criteri di incompatibilità per chi ha cessato incarichi pubblici così da evitare il fenomeno delle “porte girevoli” tale per cui chi prima decideva ora fa il lobbista e viceversa.

Certo, servirebbero altre norme (ad esempio in materia di finanziamento della politica) ma intanto queste prime quattro potrebbero fornire una minimale risposta alla questione della trasparenza e tranquillizzare, da un lato, gli investitori stranieri e, dall’altro, i cittadini. Non dimentichiamoci, infatti, che molti investitori esteri decidono di stare lontano dal mercato italiano perché non sono chiare le regole di ingaggio dei decisori pubblici; in Francia, negli ultimi quattro anni, è quasi raddoppiato il numero di investimenti esteri ed uno dei motivi è connesso all’approvazione della legge Sapin che ha regolato l’accesso dei lobbisti ai decisori.

Una legge sul lobbying non deve avere una logica punitiva ma una visione prospettica: regolare un mercato attualmente sregolato, non può che servire prima di tutto ai lobbisti stessi così da espellere da questo contesto i tanti improvvisati che, in virtù di occasionali colpi di fortuna o qualche buon contatto telefonico, pensano di poter influenzare il potente di turno. I lobbisti sono dei professionisti, al pari degli avvocati, degli ingegneri, dei medici, dei giornalisti. Perché allora per questi solo non ci sono regole e chiunque, svegliandosi la mattina, può mettere su una società di lobbying e sfruttare qualche utile conoscenza?

I lobbisti ci insegnano che occorre intervenire sul legislatore prima che questo decida di intervenire: ora il tempo è scaduto e dai lobbisti non sono arrivate proposte di autoregolamentazione. E’ dunque dovere della Presidente Meloni dimostrare che davvero non vuole che gli affaristi prendano piede nel suo governo; ci attendiamo, di conseguenza, che presenti una proposta ad efficacia immediata, con poche norme ma chiare. Se non dovesse farlo, come potrebbe dire di essere estranea a certi comportamenti che offendono le istituzioni pubbliche ed anche i numerosi professionisti seri ed onesti che fanno lobby nel pieno rispetto della Costituzione e delle leggi?

Subito con un decreto legge sul lobbying. L'appello del prof. Petrillo

Di Pier Luigi Petrillo

Una legge sul lobbying non deve avere una logica punitiva ma una visione prospettica: regolare un mercato attualmente sregolato, non può che servire prima di tutto ai lobbisti stessi così da espellere i tanti improvvisati che, in virtù di occasionali colpi di fortuna o qualche buon contatto telefonico, pensano di poter influenzare il potente di turno. Il commento di Pier Luigi Petrillo professore di Teoria e tecniche del lobbying alla Luiss e all’Università Unitelma Sapienza

Ora il problema è Hezbollah. Conversazione con Dentice a tre mesi dal 7 ottobre

Il rischio adesso è davvero l’escalation regionale. “La crisi è già una nuova pagina per il futuro della regione, avendo già assunto dimensioni che vanno ad alterare gli equilibri dei singoli Paesi mediorientali”, spiega Dentice

I segreti del potere, ovvero una visione diversa da quella di Meloni. L'opinione di Tivelli

Per fortuna un premier non comunica solo una volta l’anno e potrà trovare ben altre occasioni in cui finalmente affrontare questioni che sono le più appropriate per chi è alla guida del Paese. Senza cadere nella vulgata giustificazionista dei complotti e delle trame oscure…

L’Italia alla guida del G7. Ecco logo, temi e agenda delle riunioni

Ventuno riunioni in 23 città nel corso dell’anno. Summit dei leader in programma a metà giugno in Puglia. Meloni potrebbe presto volare in Giappone per un passaggio di consegne con Kishida

Tutte le dicerie sul rapporto tra uomo e Intelligenza Artificiale. Il commento di Morelli

L’IA non avrà il primato sull’umanità quanto meno ancora assai a lungo. Eppure, anche così, riflettere sul tema porta l’attenzione sui carattere essenziale del convivere umano. Affrontare le sfide del tempo tramite l’evoluzione. Il che significa non cedere mai all’antica illusione di sognare l’eterno e di prevedere il futuro, pensando di avere sempre le risposte per tutte le domande. Il commento di Raffaello Morelli

Quale direzione per la Destra al bivio, tra governo e Ue. La riflessione di Fracchiolla

L’adesione convinta alla patria europea rappresenta la chiave di volta per il chiarimento della destra italiana. La prova di maturità può avvenire per due vie. Ecco quali nell’analisi di Domenico Fracchiolla, professore di Storia delle Relazioni internazionali Università Mercatorum, Luiss

Acqua nei missili cinesi. La corruzione attorno a Xi è clamorosa

L’apparato militare cinese è talmente corrotto che si rubava i soldi del carburante dei missili (sostituendolo con l’acqua). Ma dall’ultimo scoop sulla debolezza cinese, Xi Jinping non esce del tutto colpito, ma trova spinta la sua ricerca di soluzione alla malattia endemica: la corruzione

Perché l’Italia dovrebbe sostenere la lotta per un Myanmar democratico e federale. Scrive Scotti

Guai a lasciare la palla in mano solamente a Pechino, per riconquistare alla democrazia, in quell’area centrale del mondo, paese chiave come il Myanmar e per contribuire alla stabilità politica di una regione così importante sul piano geopolitico anche per l’Italia e l’Europa. L’analisi di Vincenzo Scotti

Cosa raccontano le dimissioni di Claudine Gay da Harvard. La riflessione di Andreatta

La presidente di Harvard Corporation si è dimessa dopo il dibattito in America sull’antisemitismo e dopo una campagna soprattutto mediatica contro le sue esperienze accademiche. In un articolo sul Nyt, Gay si è difesa con vigore esprimendo le sue ragioni e delineando la cornice politica in cui – a suo dire – è da iscriversi, più in ampio, l’intera vicenda

Terre rare, così Pechino consolida il controllo sulle industrie di Stato

Secondo quanto riporta il giornale Xincaifu, il 1 gennaio è avvenuto un ulteriore consolidamento dell’industria delle terre rare, attraverso il trasferimento delle quote azionarie del quarto colosso cinese sotto il primo, China Rare Earth Group. Un ulteriore mossa che riduce a tre i campioni nazionali. Ecco le ripercussioni

×

Iscriviti alla newsletter