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A inizio anno, Milan Dobrovolný, un influencer di viaggi ceco, ricevette un’offerta alquanto insolita: un viaggio “esclusivo” in Cina completamente gratuito, nessun obbligo di postare sui social, bastava apparire in video promozionali destinati esclusivamente al pubblico cinese. Il rovescio della medaglia? L’agenzia che aveva fatto l’offerta era pressoché inesistente.

A raccontare la vicenda è lo stesso influencer in un lungo articolo pubblicato dal consorzio China Observers in Central and Eastern Europe (Choice). La società, “China Seeing”, sembrava non avere né uffici né personale, e il sito web risultava registrato a nome di un certo Josef Novák – l’equivalente ceco del nostro “Mario Rossi”. Un chiaro indizio: non si trattava di un’operazione turistica, ma di una mossa di soft power celata da un velo estremamente sottile. Eppure, per molti non fu un problema. Milan non era il solo destinatario di proposte simili. Alcuni influencer hanno rifiutato, altri potrebbero aver accettato. Ma non lo sapremo mai, perché i contenuti non erano pensati per il pubblico ceco.

Non è la prima incursione dei media cinesi nel panorama mediatico ceco. Tra il 2019 e il 2023, un programma radiofonico ceco andava in onda sei volte alla settimana, coprodotto da China Radio International, il megafono del Partito comunista cinese. Storie di viaggio, ma non solo: il programma negava l’autonomia di Taiwan e elogiava l’“integrazione” del Tibet.

Poi sono arrivati filtri e balletti su TikTok, con influencer cechi che ballavano con mascotte animate collegate a China Radio International. In Polonia: un toro danzante. In Grecia: un gufo saggio. Ogni campagna era studiata su misura attorno a simboli nazionali e orchestrata da cittadini cinesi fluenti nelle lingue locali. In Polonia e Grecia, almeno quei video erano etichettati come partnership a pagamento, ma in molti altri casi non c’era alcuna dichiarazione di sponsorizzazione: solo balli, trend virali e suggestioni trasmesse sotto il radar dei media tradizionali e dei watchdog.

Choice aveva già raccontato la vicenda dell’influencer ceco Jan Michálek, invitato in Cina con un viaggio interamente sponsorizzato da entità legate a Pechino. Un video promozionale di China Radio International lo ritraeva mentre esplorava la regione come un luogo allegro e ospitale, senza alcuna menzione dei campi di detenzione o dei meccanismi di sorveglianza: uno spettacolo edulcorato. E nessuno avrebbe mai saputo dei suoi legami con China Radio International, se non fosse stato per la sua stessa ingenuità: Michálek si è vantato del viaggio in un episodio di un podcast a caso, dando il via al dibattito – finalmente acceso – tra alcuni influencer nell’ecosistema mediatico ceco.

Dobrovolný si concentra su TikTok, che venerdì è stata multata per 530 milioni di euro dalla principale autorità garante della privacy dell’Unione europea per non aver garantito la protezione dei dati personali degli utenti europei dall’accesso da parte delle autorità cinesi. L’app di proprietà della cinese ByteDance, scrive l’influencer, “rappresenta una piattaforma ideale per gli attori legati allo Stato cinese per diffondere contenuti promozionali”. E ancora: “Gli influencer sull’app non solo sono abituati a collaborazioni retribuite, ma catturano anche l’attenzione di vasti, spesso giovani, pubblici che ripongono grande fiducia nelle loro raccomandazioni. Questi creator offrono un canale già pronto per messaggi sottili che sfuggono al controllo dei media tradizionali. Fondamentalmente, TikTok rimane in gran parte non monitorato da istituzioni governative o dalla società civile che potrebbero altrimenti segnalare, contestualizzare o contrastare tali contenuti. Questo vuoto crea un terreno fertile perché operazioni di influenza attecchiscano e si diffondano, spesso inosservate, nei feed di milioni di utenti”.

Utili influencer. Cosa c’è dietro il “turismo” pagato da Pechino

L’influencer ceco Milan Dobrovolný riceve un “viaggio tutto incluso” in Cina da un’agenzia fasulla, privo di obblighi social ma finalizzato a video promozionali per il pubblico cinese. L’operazione rientra in una strategia di soft power di Pechino. La recente multa di 530 milioni a TikTok per violazione della privacy Ue mette in luce come la piattaforma faciliti la diffusione di questi contenuti

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