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Tra poche settimane Mario Draghi metterà nelle mani del presidente della Commissione europea, verosimilmente ancora Ursula von der Leyen anche se i giochi della politica sono sempre in agguato, il suo rapporto sulla competitività. Enrico Letta, che con Draghi è l’altra fucina di idee per il rilancio del Vecchio continente e che ha messo il baricentro sull’importanza del mercato unico, lo ha già fatto due mesi fa, incassando un sostanziale placet del Consiglio europeo.

Nell’attesa, Politico ha dedicato spazio all’Europa secondo Draghi, facendo leva sull’autorevolezza e sul peso specifico dentro e fuori l’Ue dell’ex premier e padre spirituale del whatever it takes. Draghi “è riconosciuto per aver salvato l’euro come capo della Banca centrale europea e poi per aver contribuito a rilanciare l’economia italiana come primo ministro, sulla scia della pandemia: Super Mario è una figura insolitamente rispettata in Europa, e un leader raro che è riuscito a trascendere la politica delle fazioni”. E ancora. “quanta attenzione Washington dovrà prestare ad egli, dipende interamente dalla misura in cui l’Europa stessa vi presterà attenzione”, si legge.

Draghi, insomma, potrebbe giovare alle relazioni tra Stati Uniti e Ue, sempre che quest’ultima presti attenzione al suo lavoro. “Se la spinta di Draghi avrà successo, tali politiche potrebbero scuotere ulteriormente le relazioni transatlantiche in un momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di costruire catene di approvvigionamento più sicure, attrarre investimenti e combattere il cambiamento climatico. Questo perché per attuare tali riforme sarà necessario superare una serie di barriere burocratiche, politiche e finanziarie. E senza la spinta di qualcuno come Draghi, qualsiasi riforma economica di ampio respiro potrebbe essere morta sul nascere”.

L’ex premier, “dovrà convincere i capi di Stato e di governo europei con la forza delle argomentazioni”, ha affermato Sander Tordoir, capo economista del Centro per le riforme europee e che in precedenza ha lavorato alla Bce proprio durante il mandato di Draghi come capo. “Penso che sia fondamentalmente il motivo per cui gli è stato chiesto.” Naturalmente, la Cina ha un ruolo importante in tutto questo discorso, con Pechino che aumenta i sussidi su tutti i tipi di beni e inonda i mercati globali di doping di Stato, con conseguenze nefaste per le catene.

“Draghi ha spesso citato in rapida successione la Cina, poi gli Stati Uniti, sottolineando il concetto di politica industriale su larga scala e protezionismo. I funzionari dell’amministrazione Biden hanno detto che potrebbe esserci un vantaggio significativo per gli americani nell’operato di Draghi, soprattutto in ottica di aumentare la produttività europea e investire di più nella tecnologia verde”, scrive Politico. Ribadendo un concetto: “sarebbe utile che gli Stati Uniti pensassero in modo proattivo a come coordinarsi con l’Ue in modo da valorizzare gli obiettivi interni”. Una volta fatte proprie le tesi di Draghi, magari.

Draghi può far bene alle relazioni transatlantiche. Parola di Politico

Tra poche settimane vedrà la luce l’atteso rapporto sulla competitività che segue quello sul mercato unico di Enrico Letta. Ripartire dalle tesi del padre del whatever it takes sarebbe per il Vecchio continente un buon affare, sostiene Politico

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