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Nella recente visita in Germania, il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi ha ribadito che l’Islam ha per prima cosa bisogno di una riforma religiosa profonda, un concetto che ha già espresso nel discorso fatto il 1° gennaio scorso all’Università al-Azhar, da mille anni centro culturale del sunnismo. Secondo Al-Sisi, solo tale riforma consentirebbe all’Islam di partecipare alla modernità, di emarginare la violenza e di convivere con l’Occidente e con la globalizzazione.

L’ espansione dell’Isis in Libia desta molte preoccupazioni in tutta l’Europa: Al-Sisi era apparso il campione della guerra contro l’estremismo, indispensabile alleato nella lotta contro l’Isis.

Il discorso aveva suscitato ironia, sorpresa, interesse e molti interrogativi sulle reali motivazioni del presidente egiziano. Taluni hanno ironizzato sul fatto che un militare, proponendo una riforma religiosa, si proponesse come un nuovo Martin Lutero o come un Kemal Ataturk egiziano. In realtà, per Al-Sisi non è stata una cosa nuova. Nel 2013, in un intervento al dipartimento degli Affari morali delle Forze armate, aveva affermato che la sfida prioritaria per l’Egitto era costituita da una riforma religiosa.

La sorpresa proveniva dal fatto che Al-Sisi è profondamente religioso, più salafita che moderato. Non per nulla il partito salafita Nour aveva sostenuto il golpe contro il presidente Mohamed Morsi e la Fratellanza musulmana. In una tesi, compilata quando frequentava la scuola di guerra americana, Al-Sisi aveva addirittura sostenuto che tutti i governi degli Stati musulmani dovessero tendere a ricreare un califfato, quanto più simile possibile a quello esistente all’inizio dell’Islam.

L’interesse è derivato dal fatto che il capo di uno Stato a maggioranza musulmana attribuisse a un’interpretazione dei testi sacri dell’Islam le ragioni dell’arretratezza e, soprattutto, del terrorismo e del radicalismo dominante nel mondo islamico. Le affermazioni di Al-Sisi contraddicevano quanto è politicamente corretto affermare in Occidente, che cioè le radici dello jihadismo non sono costituite dall’Islam in quanto religione, ma dalla povertà, dall’emarginazione sociale e dalla mancanza di democrazia. Nessun leader occidentale si sognerebbe di affermare che la violenza derivi da un’interpretazione dei testi sacri e che possa essere superata innanzitutto con una riforma religiosa. Sono ormai caduti i miti dalla democratizzazione dell’Islam con la forza o le fantasiose speranze che la “primavera araba” segnasse l’inizio di una profonda trasformazione interna del mondo arabo. Una trasformazione dell’Islam può partire solo dal suo interno.

Gli interrogativi sullo “storico” discorso di Al-Sisi riguardano – come accennato – le sue motivazioni e obiettivi. Molti hanno pensato che si proponesse d’estirpare definitivamente l’influenza della Fratellanza Musulmana. Va ricordato che lo sceicco di al-Azhar aveva appoggiato, assieme al papa copto e ai salafiti di al-Nour, il golpe del 2013. Sembrava quindi naturale luogo di certificazione degli imam, per abilitarli alla predicazione. Le moschee costituiscono, in tutto l’Islam, il principale luogo di radicalizzazione, perciò i governi tendono a controllarle. La capacità di farlo da parte del ministero degli Affari Religiosi è però ridotta anche dal loro grande numero. In Egitto vi sono 27mila moschee. A parer mio, questa era la vera motivazione di Al-Sisi. Non credo che egli volesse colpire la Fratellanza, anche perché essa non trae la sua forza dalle moschee, ma dalle organizzazioni caritatevoli, dalle scuole e dai sindacati. Che l’obiettivo di Al-Sisi fosse proprio quello di prevenire il pericolo del sorgere di un’opposizione al regime, è dimostrato dal recente decreto di chiusura alla predicazione di tutte le moschee – circa la metà – con superficie inferiore agli 80 m2.

Nella sua visita in Germania, volta ad attivare la cooperazione economica tedesca con l’Egitto, Al-Sisi ha parlato senza mezzi termini di tale suo obiettivo. Si è mantenuto sul concreto, senza divagare sul tema di una riforma religiosa seduta sulle baionette. La sua franchezza è stata apprezzata. Anche per questo, la visita è stata un netto successo.

Come e perché Al Sisi vuole riformare l'Islam

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