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All’interno del conflitto in Ucraina, il fronte più caldo oggi non sarà né quello meridionale, né quello orientale, ma quello occidentale, epicentro Bruxelles. Nella capitale belga sono in programma per le prossime ore due eventi decisivi per il proseguimento del supporto della coalizione euroatlantica verso Kyiv.

A partire dal Nato-Ukraine Council, convocato in risposta alla rinnovata ondata di attacchi terroristici russi (seguita al rallentamento registrato nelle ultime settimane autunnali) contro le infrastrutture e i centri abitati dell’Ucraina, attacchi che hanno già causato decine di vittime. Kyiv chiede agli alleati occidentali più sistemi di difesa aerea e più munizioni, di cui stanno esaurendo le scorte per abbattere i missili da crociera e i droni Shahed lanciati dal nemico contro i propri bersagli civili. “Garantire forniture regolari di missili per Patriot, Iris-T, Nasams e altri sistemi è una priorità assoluta che deve essere completata oggi, non domani” è l’allarme lanciato dal ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, che sottolinea come una maggiore efficacia della difesa aerea dell’Ucraina renda meno probabile che un proiettile russo possa entrare nello spazio aereo dell’alleanza atlantica. “A conti fatti, è ragionevole che i nostri alleati mobilitino tutte le forze disponibili per rafforzare le difese aeree dell’Ucraina in questo momento”.

Le parole di Kuleba fanno eco alle richieste già mosse nelle scorse settimane dal leader ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva più volte espresso il forte bisogno di Kyiv di nuove capacità di difesa aerea anche per sostenere il proprio sforzo bellico al fronte. Le dinamiche della guerra di posizione che si sta attualmente combattendo lungo l’intera linea di contatto rendono più importante questo tipo di equipaggiamento rispetto ad altre tipologie chieste in passato, come ad esempio i Main Battle Tanks. Le velleità offensive di Kyiv sembrano essere, per il momento, messe da parte. Adesso quel che conta è difendere le porzioni di territorio continentale liberate. Spostando il terreno del confronto su altri piani, come quello cibernetico (dove sia la controparte russa che quella ucraina si stanno muovendo attivamente), o quello del Mar Nero, penisola di Crimea inclusa, indicato dallo stesso Zelensky come nuovo baricentro del conflitto.

Ma oltre all’Alleanza Atlantica c’è anche l’Europa. Oggi è prevista la riunione dei rappresentanti dei ventisette governi dell’Unione europea, con l’obiettivo di garantire alla presidenza belga del Consiglio dell’Ue il via libera per avviare i negoziati con il Parlamento sul pacchetto di aiuti all’Ucraina da 50 miliardi di euro. L’Ungheria si è opposta al pacchetto di aiuti per tutto lo scorso anno, ma adesso sembra essere più disposta al compromesso: pur non avendo ancora raggiunto un accordo sul pacchetto, Budapest potrebbe consentire al Consiglio e al Parlamento di preparare le basi giuridiche, lasciando concordare i dettagli finali del contenuto dello stesso ai leader dell’Unione, nel summit calendarizzato per il primo febbraio. Il Paese guidato da Viktor Orbàn mirerebbe a suddividere il pacchetto in più tranche annuali da votare ogni singolo anno. Una soluzione non vista di buon occhio da altri Paesi membri, poiché la mancanza di certezze inficerebbe il processo di pianificazione a Kyiv, e lascerebbe aperta la possibilità a Budapest di bloccare le future tranche di aiuti.

L’importanza degli aiuti occidentali è infatti fondamentale per Kyiv. Un loro venir meno priverebbe l’Ucraina e le sue forze armate delle risorse necessarie per continuare a difendersi dall’invasione russa. Costringendola così ad accettare un compromesso che in pochi sembrano disposti ad accettare.

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