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Non è Caos calmo. La rottamazione dell’Inps è una storia incoraggiante di innovazione istituzionale. Come tutte le rivoluzioni ha già prodotto effetti in profondità. Del resto, quando una qualsiasi forma di potere consolidato crolla dopo molti decenni di esercizio dell’autorità, gli effetti che si producono sono sistemici. Una polverizzazione tribale delle istituzioni, vuoti di potere, forme più o meno prolungate di caos. E’ quello che è successo in Libia dopo la fine del regime di Muammar Gheddafi, ora travolta da una guerra civile nella quale ogni fazione o interesse trova spazio: le tribù; il Califfato; gli interessi dei diversi paesi arabi.

In Italia la opportuna spallata impressa dal Premier Matteo Renzi alla cogestione politico-sindacale del budget pubblico ha creato una situazione analoga nel più grande ente previdenziale dell’eurozona. All’Inps c’è un vuoto di potere. Il secondo commissario nominato nel giro di sei mesi, Tiziano Treu, ha ricevuto il benservito dal governo prima di Natale. Il nuovo presidente, Tito Boeri, non è ancora entrato a pieno titolo in carica essendo in fase di perfezionamento il decreto di nomina. Il direttore generale è stato dimissionato alla scadenza della prorogatio della carica prevista dalla legge ed è oggi senza poteri. Il consiglio di amministrazione è stato soppresso dal governo Berlusconi per dare pieni poteri, a suo tempo, al commissario Antonio Mastrapasqua, nominato nonostante una sentenza penale passata in giudicato avesse certificato che aveva comprato alcuni esami della sua laurea. Chi doveva controllare, sindacati inclusi, ovviamente non lo aveva fatto, perché l’Inps era governata da una spartizione del potere che tutto rendeva opaco, anche la nomina al vertice di chi non aveva i titoli per poter essere designato. L’importante era spartirsi tutto tra pochi: nomine, incarichi, appalti. Una situazione lontana anni luce dall’eurozona.

Ora Renzi ha rottamato lo strapotere del sindacato all’Inps. Ha designato un presidente con un ottimo curriculum e avrà un direttore generale d’esperienza manageriale. Presto il governo designerà un consiglio di amministrazione leggero, di sole tre persone incluso Boeri, dove non saranno presenti politici trombati o sindacalisti ma esperti comprovati di previdenza.

La primavera libica dell’Inps, quindi, volge al termine. Il caos attuale sarà presto rimpiazzato da una governance degna dei delicati interessi che l’ente è chiamato a gestire. Visto che le rivoluzioni, al pari delle recessioni, non vanno mai sprecate, la speranza è che Boeri approfitti della discontinuità regalatagli da Renzi per indossare i panni del Califfo e rottamare la tecnostruttura dell’Inps. La peggiore cultura conservatrice politico-sindacale italica, quella che ha incatenato il Pil, è proprio quella che da decenni ha trasformato l’Inps in un fortino al servizio degli interessi diversi da quelli dei lavoratori.

Inps, che cosa farà Boeri (si spera)

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