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Potrebbe essere la Libia a cambiare le sorti delle quotazioni del petrolio? Se nel breve termine il prezzo del greggio resterà basso – con tutti i vantaggi del caso per il Pil dei Paesi energivori, e i potenziali danni per le major dell’oil che già, da entrambi i lati dell’Atlantico, stanno rivendo al ribasso le stime di utile – nei prossimi mesi il trend potrebbe invertirsi.

DOVE VA IL GREGGIO

Certo, fare previsioni non è facile.“I prezzi a pronti del petrolio greggio hanno registrato un crollo deciso fino a circa 50 dollari al barile, senza mostrare segni di consolidamento a partire dalla seconda metà del 2014 – sostiene Harish Sundaresh, portfolio manager e senior commodities strategist di Loomis Sayles – Nel breve termine, un debole equilibrio tra domanda e offerta, elevati livelli di scorte, scarsa domanda e l’avversione al rischio da parte degli investitori potrebbero indicare che i prezzi del petrolio rimarranno bassi. Mi aspetto che il benchmark del Brent si attesti su una media di circa 60-65 dollari nel 2015 e 70-80 dollari nel 2016”.

IN RIALZO NEL MEDIO TERMINE

Ma i prezzi attuali sono troppo bassi sul lungo termine. E potrebbero tradursi, secondo Sundaresh, “in un enorme evento geopolitico, come l’instabilità politica in un Paese produttore di petrolio che deve far fronte a un budget ridotto”. Senza considerare che i fattori rialzisti si sono rafforzati: primo fra tutti, la scarsa sostenibilità della produzione libica, scesa a 450.000 barili al giorno da oltre 800.000 barili al giorno nel quarto trimestre del 2014. Ancora, il rublo russo ha perso l’80% del suo valore nei confronti del dollaro statunitense dall’estate del 2014 e le contrattazioni del Venezuela hanno un valore predefinito.

COME SI MUOVONO AMERICANI E SAUDITI

Infine, i produttori statunitensi di scisto stanno affrontando il tema della loro spesa in conto capitale: in alcuni casi la spesa è in calo del 40%”. Continuano tuttavia a essere in gioco anche fattori ribassisti. “Senza lasciarsi influenzare dai membri dell’Opec più poveri – continua Sundaresh – l’Arabia Saudita sembra intenzionata a un testa a testa con gli Stati Uniti sulle quote di mercato. E ciò potrebbe rendere il cartello irrilevante per il futuro. Inoltre, le scorte hanno continuato ad accumularsi a un ritmo rapido sia per il prodotto lavorato sia per il petrolio greggio. Infine, nonostante i prezzi bassi, la domanda al di fuori degli Usa ha evidenziato un andamento laterale”. Mentre le scorte continueranno ad accumularsi, il che impedirà al greggio di avvicinarsi in ogni caso ai 100 dollari della quotazione storica.

SE L’ASIA ALIMENTA LA DOMANDA

“Da un punto di vista di lungo periodo le maggiori evoluzioni da considerare sono il declino della domanda europea, la minor dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di greggio e la crescita della domanda asiatica – spiega il team dell’asset allocation di MoneyFarm.com – I consumi di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia, in dieci anni, sono calati di oltre il 15% e l’Eia, nel suo World Energy Outlook del 2014, prevede da oggi al 2040 un ulteriore calo del consumo europeo di prodotti petroliferi, per un ammontare di oltre il 30%. Oltre Atlantico, sul continente americano, la produzione interna di petrolio è fortemente aumentata nell’ultimo decennio, in gran parte per effetto della produzione dello shale oil. In un decennio, gli Stati Uniti sono passati dal dipendere per oltre il 63% dalle importazioni a meno del 40%. Le previsioni prevalenti indicano un’ulteriore crescita della produzione interna sia di gas che di petrolio, e un raggiungimento dell’autosufficienza con l’inizio del prossimo decennio”.

GLI SCENARI

Quindi Europa e Stati Uniti sembrano promettere poco supporto ai prezzi dell’energia. Molto dipenderà dalla domanda asiatica. “La Cina – continuano da MoneyFarm.com – vede infatti consumi di gas e di petrolio attesi in crescita del 5,2% e dell’1,8% (valori medi annui) per i prossimi 25 anni; al contempo l’India stima una crescita rispettivamente del 4,6% e del 3,5%. L’Asia sembra quindi essere l’unico luogo con potenziali margini di ulteriore crescita del consumo d’idrocarburi nel lungo termine. Ma anche questi, nel breve periodo, non sembrano poter influenzare più di tanto l’andamento dei prezzi della materia prima”.

CHE FARA’ L’OPEC

L’eccesso di offerta di greggio, stimato a circa 1,6 – 1,8 milioni di barili al giorno per tutta la prima metà del 2015, farà sì che a parità di offerta, ci sia poco spazio per una risalita dei prezzi. Uno dei fattori a supporto del prezzo del petrolio potrebbe essere un taglio della produzione da parte dell’Opec, che però “non è stato deciso nel meeting di fine novembre e non è attesa al prossimo meeting di giugno”. O, ancora, il taglio di produzione in Libia.

Che succederà ai prezzi del petrolio con Isis in Libia

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