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A Pechino sono ancora convinti che piazzare bond cinesi in giro per il mondo sia il modo migliore per spostare il baricentro valutario sul Dragone. E anche per ridare nuovo smalto e pulire la coscienza di chi ha venduto, finora, debito tossico, come dimostra in maniera abbastanza plateale il caso dell’Africa. Peccato che la realtà dei fatti, racconti un’altra verità. E cioè che, nonostante gli sforzi del Dragone per fare dello yuan il nuovo dollaro, il grosso del sistema finanziario cinese sia ancora fortemente esposto al biglietto verde. Di questo sono convinti gli economisti del Carnegie, che in un report dedicato proprio alla crociata anti-dollaro della Cina, mettono nero su bianco la grande differenza esistente tra i sogni del governo di Pechino e la realtà.

“Nonostante la significativa crescita recente nell’uso dello yuan da parte della Cina nei pagamenti transfrontalieri, il sistema finanziario cinese è ancora fortemente dipendente dai dollari e le sue più grandi istituzioni finanziarie statali sono profondamente interconnesse con l’ecosistema statunitense”, è la premessa. “La vera domanda è a questo punto in quale la misura in cui la Cina abbraccerà valute diverse dal dollaro nel perseguire le sue ambizioni di de-dollarizzazione. La verità è che la significativa interconnessione della Repubblica Popolare con il sistema finanziario del dollaro è destinata a persistere nel breve termine. Per ironia della sorte, la profondità di queste interconnessioni finanziarie ha, in passato, dissuaso i decisori politici statunitensi dall’implementare sanzioni economiche contro le più grandi banche cinesi”.

Insomma, a detta del Carnegie, ad oggi banche e assicurazioni cinesi sono ancora legate a doppio filo al biglietto verde e alle sue oscillazioni valutarie. Certo, si potrebbe sempre seguire l’esempio della Russia, che ha tagliato i ponti con il dollaro, puntando tutto sull’asse con lo yuan. Ma è davvero possibile “In risposta alle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina, alle sanzioni economiche statunitensi che prendono di mira la banca centrale russa e i maggiori istituti finanziari e alle notizie secondo cui l’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden potrebbe sanzionare alcuni istituti finanziari cinesi più piccoli per i loro collegamenti con la Russia, Pechino si trova ad affrontare crescenti richieste di ridurre l’esposizione del sistema finanziario cinese alle attività in dollari”.

La risposta finale è che per la Cina non è possibile copiare la Russia. E il motivo è presto spiegato: il Dragone vanta riserve in valuta estera immensamente più grandi della Federazione. “Le riserve ufficiali in valuta estera della Cina continentale, escludendo oro, attività di riserva del Fondo monetario internazionale ammontano tra i 3,10 e 3,29 trilioni. Ciò suggerisce che il valore del 2023 delle riserve in dollari della Cina è probabilmente oltre quindici volte superiore al valore delle riserve in dollari della Russia, registrato addirittura nel 2019, ben prima cioè che la Banca centrale russa riducesse significativamente le riserve in valuta estera denominate in dollari”. Morale? Non è fattibile per Pechino sganciarsi dal dollaro. “La considerevole quantità di asset in dollari di riserva di valuta estera cinese complica la capacità di Pechino di adottare misure significative per disfarsi del dollaro, come fatto dalla Russia. E riflette anche una realtà: che i mercati finanziari cinesi rimangono fortemente connessi al sistema finanziario in dollari”.

 

Per un pugno di yuan. Ecco perché la Cina non potrà copiare la Russia e salutare il dollaro

Se la Russia è riuscita a sganciarsi dalla valuta americana, la Cina non può fare lo stesso, accantonando così i sogni di de-dollarizzazione. E questo perché le sue riserve in moneta estera sono immensamente superiori a quelle della Federazione. Ecco cosa scrivono gli economisti del Carnegie

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