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Cinque vertici nell’ultimo mese e mezzo. A tanto ammontano i colloqui, sempre più stretti, tra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Un dialogo con ripercussioni economiche, ma anche geopolitiche, come nel caso della Libia.

L’ATTENZIONE PER I FONDI SOVRANI

Palazzo Chigi guarda da tempo con interesse al contributo che la liquidità di fondi sovrani mediorientali, come quello degli Emirati Arabi Uniti, può dare alla fiacca economia italiana, tanto da pensare a nuove misure ad hoc per attrarli. Ieri il Sole 24 Ore ha presentato alcune norme contenute nel decreto ribattezzato Investment Compact che arriva martedì 20 gennaio in Consiglio dei ministri, anche se all’ordine del giorno della riunione il provvedimento ribattezzato Investment Compact (qui una delle ultime bozze) non compare.

Secondo il quotidiano di Confindustria saranno tre le categorie di investitori interessati al provvedimento: non solo quelli del Golfo, ma anche holding e fondi cinesi e grandi fondi di private equity americani.

IL RAPPORTO CON ABU DHABI

Ma se si guarda al Medio Oriente, è nel rapporto con Abu Dhabi che si riscontrano le “sintonie” maggiori. Matteo Renzi, scrive Micaela Cappellini del quotidiano confindustriale, “è appena tornato da un viaggio negli Emirati arabi uniti, dove ha incontrato i vertici di Mubadala, il fondo sovrano che l’anno scorso ha rilevato Piaggio Aero” (come svelato giorni fa da Formiche.net con altre indiscrezioni). E non a caso, prosegue il pezzo, “in perfetto tempismo con il decreto, il 26 gennaio sbarcheranno in Italia per discutere di infrastrutture i vertici di Adia, il più importante fondo sovrano di Abu Dhabi, terzo al mondo per potenza di fuoco con un patrimonio di oltre 580 miliardi di dollari“. Senza contare l’intesa che dal 1º gennaio 2015 ha inglobato Alitalia in una nuova società con una nuova gestione e nuovi azionisti fondata con Etihad Airways, compagnia aerea di bandiera degli Eau.

L’ANALISI DI CINZIA BIANCO

Si tratta in larga parte di investimenti in settori strategici, che a volte, come ha sottolineato Formiche.net, comportano anche dei rischi che potrebbe essere il caso di non sottovalutare. Per il momento, spiega Cinzia Bianco, analista esperta di Medio Oriente e Mediterraneo per la Nato Defense College Foundation, le conseguenze più forti di questa “special relashionship” si registrano in alcuni ambiti della politica estera italiana, ad esempio nella crisi di Tripoli. “In Libia, le due macro-fazioni che si contendono il Paese sono sostenute da un lato da Turchia e Qatar e dall’altro da Egitto ed Emirati Arabi Uniti. I primi sostengono il vecchio parlamento, il Gnc; i secondi Tobruk, la nuova assise riconosciuta dall’Occidente. Finora l’Italia ha provato a tenere un atteggiamento equidistante, che le ha consentito di essere l’unica ambasciata “di peso” ancora aperta nel Paese. Questa posizione, però, inizia a vacillare, anche in virtù di questi rapporti con gli Emirati, che al pari di altri Stati decidono dove investire in modo interessato e mai casuale“.

L’Italia, prosegue la Bianco, si trova in qualche modo tra l’incudine e il martello. “In Libia abbiamo interessi energetici e di contrasto all’immigrazione clandestina; ma abbiamo anche bisogno di capitali freschi. Affari come quello di Etihad vengono usati come leve per fare pressione nei nostri confronti. E nella scelta tra rafforzare i legami con Egitto ed Eau e risolvere la crisi libica, credo che il governo italiano, in questo momento, propenda per la prima opzione“.

Come e perché Renzi flirta con Abu Dhabi

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Cinque vertici nell'ultimo mese e mezzo. A tanto ammontano i colloqui, sempre più stretti, tra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Un dialogo con ripercussioni economiche, ma anche geopolitiche, come nel caso della Libia. L'ATTENZIONE PER I FONDI SOVRANI Palazzo Chigi guarda da tempo con interesse al contributo che la liquidità di fondi sovrani mediorientali, come quello degli Emirati Arabi Uniti,…

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