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L’Iran userebbe banche cinesi per finanziare aziende legate alle Guardie Rivoluzionarie Iraniane, l’unità speciale Quds Force. Si tratta del braccio armato che rifornisce con mezzi e armi i filo-iraniani nell’intera macro-regione: gruppi come Hezbollah, Hamas e milizie sciite in Iraq. Lo sostiene un report dell’intelligence occidentale i cui contenuti sono stati diffusi da Reuters.

IL REPORT

Shenzhen Lanhao è una delle numerose aziende in Cina che, secondo il rapporto, è destinataria di fondi iraniani tramite l’intermediazione di una banca di Pechino. Fondi che poi sono utilizzati per operazioni internazionali condotte dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie “elite Quds Force”.

COSA FA QUDS

Quds fornisce armi, mezzi, know how e sostegno ai gruppi militanti filo-iraniani in Medio Oriente, oltre a disporre di una serie di forze governative addestrate alla guerra civile siriana (violando l’embargo di Onu, Ue e Usa). Il fil rouge tra Banca centrale dell’Iran (CBI) e la Banca Kunlun (una costola della China National Petroleum Corp) ha attirato i servizi proprio in virtù del fatto che Quds è legata a realtà come la Bamdad Development Capital Co. Quest’ultima avrebbe avviato una serie di trasferimenti da questi conti verso soggetti cinesi controllati direttamente da Quds o a imprese cinesi che, a loro volta, erano debitrici verso Quds, come appunto Shenzhen Lanhao.

IL RUOLO DI KUNLUN

Secondo il report, i trasferimenti di denaro dai conti dalla CBI alla Banca Kunlun venivano avviati e quindi convogliati alle società cinesi collegate a Quds. L’obiettivo? Soddisfare le esigenze finanziarie, anche in considerazione del fatto che Kunlun, fino al 2012, nonostante fosse un attore noto nell’intermediazione finanziaria con Teheran, non era stata ancora associata ufficialmente a Quds.

PASSAGGIO DI DENARO

Che fine faceva il denaro dopo il passaggio da Kunlun a terzi? Il rapporto sostiene che Quds poteva utilizzarlo per le acquisizioni in Cina e per finanziare tutti i tipi di attività segrete in altri Paesi. Il rapporto non specifica il modo con cui i fondi in uscita da CBI e da Kunlun venivano in seguito implementati dai Quds. La replica di Pechino si basa sul fatto che le relazioni commerciali cinesi con l’Iran e con altri Paesi non violano le leggi internazionali. “La Cina intrattiene rapporti commerciali normali con i Paesi interessati, compreso l’Iran”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri, Hong Lei. “Questo non viola alcuna legge internazionale né la risoluzione del Consiglio di sicurezza, e non danneggia gli interessi di altri Paesi né della comunità internazionale.”

GLI SCENARI

Il movimento sospetto di fondi iraniani s’intreccia però con le difficoltà di far rispettare le sanzioni contro l’Iran, in un momento in cui l’Occidente intero auspica l’accordo sul nucleare con Teheran, previsto entro la prossima settimana. A spiccare è l’esistenza di un rapporto consolidato tra Teheran e Pechino. La Cina è d’altronde il maggior cliente del petrolio della Repubblica islamica.

LE PROSPETTIVE

Dal 2012, le sanzioni del Tesoro americano all’Iran hanno colpito i fondi provenienti dalle esportazioni di petrolio, tra cui 22 miliardi dollari presso Kunlun. Tuttavia, dallo scorso anno, si è registrato un allentamento delle restrizioni nell’ambito di un accordo bilaterale con la Cina, senza dimenticare il potenziale accordo sul nucleare raggiunto con sei potenze mondiali nel novembre di dodici mesi fa. Punto sul quale a Vienna, tra pochi giorni, si tenterà una nuova intesa globale che impedisca all’Iran di dotarsi di una bomba atomica.

L'Iran usa le banche cinesi per finanziare Hezbollah?

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