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Franco libero di rafforzarsi. La decisione della Banca nazionale svizzera di sciogliere il peg con l’euro a 1,20 ha delle implicazioni importanti. La principale, come scrive Antonio Guglielmi in un report di Mediobanca Securities, è la previsione di un “Qe alle porte e di un ulteriore indebolimento dell’euro”.
Questo evento renderebbe più complesso per la Svizzera conservare le sue riserve in valuta estera che negli ultimi tre anni sono raddoppiate a 500 miliardi di franchi e potrebbe anche favorire fuoriuscite di franchi visti sempre più come porto sicuro.

PERCHÉ LA SVIZZERA “LIBERA” IL FRANCO
“Il tasso di deposito tagliato da -0,25% a -0,75% dovrebbe parzialmente attenuare l’apprezzamento del franco – scrive Guglielmi – e spingere le banche a ridistribuire i loro soldi all’estero. Le riserve in valuta hanno aiutato la competitività e impedito una deflazione su larga scala ma ora la Bns sembra ritenere il rischio di detenere valuta in euro (attualmente pari al 100% del Pil elvetico) più elevato rispetto all’impatto negativo del Forex sull’economia locale: un chiaro messaggio di mancanza di fiducia nell’euro inviato all’establishment di Eurolandia e mercati”. Ora i riflettori si sposteranno su Repubblica Ceca (la cui corona è stata ancorata all’euro scorso anno) e la Danimarca (+/- 2,25% di spostamento dall’Euro). Senza considerare che a due settimane di distanza dalle “elezioni greche la mossa della Bns potrebbe esacerbare ulteriormente il dibattito intorno al Grexit”.

UNA PANACEA PER L’ITALIA
Le banche svizzere sono le sconfitte naturali in questo frangente. Anche l’Italia subirà qualche contraccolpo, limitato secondo gli analisti di Mediobanca Securities. “In Italia vediamo un impatto limitato su alcuni titoli e implicazioni positive sul Pil da un’ulteriore svalutazione dell’euro ora che viene meno un grande acquirente di euro… effetto che combinato con l’effetto del calo del prezzo del petrolio potrebbe offrire potenziali sorprese sul Pil 2015”.

IMPATTO GESTIBILE SUI FINANZIARI ITALIANI
Le implicazioni sui titoli finanziari italiani sono limitati. Quelli esposti alla decisione della Bns sono Intesa, Unicredit e Generali. “Intesa ha un’esposizione immateriale per 2,1 miliardi e 0,2 miliardi di prestiti in attività finanziarie denominate in franchi svizzeri… riferiti principalmente alla controllata ungherese Cib che al terzo trimestre 2014 segnalava di detenere 1,8 miliardi di prestiti in franchi dei 2,9 complessivi detenuti… poiché il governo ungherese ha successivamente imposto la conversione dei prestiti in fiorini ungherese, l’apprezzamento del franco contro fiorino non dovrebbe pregiudicare l’affidabilità creditizia di debitori ungheresi. L’esposizione residua in franchi di Intesa dovrebbe quindi ammontare a meno di € 0,5 miliardi, una cifra irrilevante nel contesto del gruppo”.

UNICREDIT E LE ALTRE
Anche per Unicredit il pacchetto di loan in franchi (14,3 miliardi, il 2,9% del portafoglio crediti del gruppo e 1,9 miliardi di attività finanziarie denominate nel 2013) dovrebbe essere gestibile. “I prestiti in franchi – scrive Guglielmi – sono per lo più riconducibili a Bank of Austria e alle altre controllate a Est, soprattutto in Ungheria… Supponendo che circa il 55% dei crediti in Ungheria siano stati denominati in franchi, calcoliamo l’esposizione residua dovrebbe rappresentare il 2,5% del portafoglio crediti di Unicredit”. E poi c’è Generali, che vanta un’esposizione marginalmente positiva dati i 617 milioni di euro di premi dal ramo danni incassati in Svizzera nei nove mesi del 2014, meno del 4% del totale dei 15,6 miliardi di premi raccolti complessivamente. Nel comparto Vita i premi sono ammontati a 761 milioni, circa il 2% del totale pari a 35,7 miliardi. La Svizzera ha contribuito con 200 milioni di franchi all’utile operativo di 3,7 miliardi del gruppo riportato al terzo trimestre, quindi vediamo un impatto marginalmente positivo dall’apprezzamento del franco, che stimiamo in regione di 1% del risultato operativo del gruppo”.

BOOM PER LE AZIENDE ITALIANE IN SVIZZERA
Ma l’impatto generale per l’Italia sarà positivo. “L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera, con un saldo commerciale positivo che si attesta a 10 miliardi di euro nel 2013 derivante da 20 miliardi di esportazioni contro 10 miliardi di importazioni: la maggior parte delle esportazioni italiane è rappresentata da moda, farmaceutico/prodotti chimici, alimentari/bevande e macchinari”. Il Pil italiano potrebbe avere una spinta rilevante per tre ragioni: “un ulteriore deprezzamento dell’euro di cui beneficiano le economie guidate dall’export – scrive ancora Guglielmi – una spinta per la bilancia commerciale italiana verso la Svizzera grazie alla maggiore competitività dei prodotti italiani; una aumentata quota di mercato per le aziende italiane che già operano in Svizzera (come Amplifon) e il miglioramento della loro competitività relativa rispetto ai concorrenti svizzeri (De Longhi, Recordati e Diasorin)”.

LA FINE DEL SEGRETO BANCARIO
Senza sottovalutare l’impatto dell’accordo bilaterale Italia-Svizzera annunciato in settimana dopo tre anni di trattative: la Svizzera adotterà un sistema di scambio automatico di informazioni in linea con lo standard Ocse ponendo fine al segreto bancario. “Ci aspettiamo almeno che emerga la dichiarazione di 25 miliardi di euro e il rimpatri fisico di almeno 20 miliardi: in questo contesto, Banca Generali e Azimut dovrebbero essere i principali beneficiari. Impatti positivi potenziali sono attesi anche per Fineco e Mediolanum.

germania,

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