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Una domenica segnata dalla violenza a Shahat, nell’est della Libia. Tre autobombe sono esplose mettendo a rischio la riunione tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, e il primo ministro Abdullah al Thinni. Secondo il quotidiano Libya Herald uno degli attentati è avvenuto a pochi metri dal palazzo dove si svolgeva l’incontro.

Non ci sono vittime ma cinque persone sono rimaste ferite: tre ufficiali delle forze di sicurezza e due giornalisti che seguivano l’evento.

Il quotidiano libico sostiene che l’attacco si deve molto probabilmente ad una fuga di notizie sul cambiamento del luogo della riunione tra Al Thinni e Leon, che fino a pochi minuti prima era sconosciuto.

SICUREZZA  COMPROMESSA 

Ma il vero obiettivo dell’attacco potrebbe esse anche un altro: oltre alla riunione tra il premier libico e l’inviato delle Nazioni Uniti, molto vicino c’è anche il Dipartimento di Sicurezza di Shahat. Nessuno ha ancora rivendicato l’attentato.

Leon era arrivato a Shahat questa mattina da Beida. L’inviato dell’Onu aveva in agenda la visita a diverse città libica, ma dopo questo attentato molti viaggi saranno probabilmente sospesi per motivi di sicurezza.

IL RUOLO DELL’ITALIA

“C’è mezzo mondo che preme per una divisione della Libia e l’Italia sta esercitando la sua tradizionale forza nel Mediterraneo – e in particolare, in quell’area – per scoraggiare quelli che vogliono far precipitare la situazione”. Così ha spiegato la posizione dell’Italia di fronte alla crisi libica il ministro degli Affari esteri, Paolo Gentiloni, in un’intervista di Lucia Annunciata oggi nel programma “In mezz’ora”.

“Già tre anni fa abbiamo fatto l’errore di pensare che con la sola forza, ma senza un progetto politico, si risolva qualcosa… Per ragionare di interventi militari sotto la bandiera Onu occorre che ci sia un sentierino aperto – ha aggiunto il ministro- e il lavoro che sta facendo Leon, con il quale mi sento costantemente, è tenere aperto questo sentierino: nel momento in cui ci fosse un’intesa tra le due parti, se non altro per un governo di transizione, penso che le Nazioni Unite potrebbero andare lì con una forza di peacekeeping e l’Italia potrebbe avere un ruolo molto rilevante. Ma devo dire onestamente  che questo risultato è difficile da realizzare”.

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