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“In trincea non ci sono vacanze” è il commento di un cittadino ucraino riportato dal New York Times. E questo commento appare tanto semplice quanto veritiero, alla luce del protrarsi degli scontri anche nelle ore delle festività natalizie. Il 25 dicembre, prima del sorgere del sole, la Russia ha lanciatopiù di settanta missili (da crociera e balistici) e cento droni kamikaze nell’ennesimo attacco (il tredicesimo di questo tipo, dall’inizio del 2024) contro il sistema di infrastrutture energetiche ucraine. Le forze armate di Kyiv hanno dichiarato che le squadre di difesa aerea hanno abbattuto cinquantanove dei missili lanciati, oltre alla maggior parte dei droni utilizzati nell’attacco. La più grande compagnia energetica privata ucraina ha dichiarato che gli attacchi hanno causato gravi danni alle apparecchiature e sono state dichiarate interruzioni di corrente in tutto il Paese.

Immediate le reazioni degli esponenti politici. “Oggi Putin ha deliberatamente scelto il Natale per un attacco. Cosa c’è di più disumano?”, ha dichiarato in un comunicato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, mentre Il presidente statunitense Joe Biden ha condannato gli attacchi affermando: “Voglio essere chiaro: il popolo ucraino merita di vivere in pace e sicurezza, e gli Stati Uniti e la comunità internazionale devono continuare a stare al fianco dell’Ucraina finché non trionferà sull’aggressione della Russia”.

Poche ore prima, un’altra ondata di droni si era mossa in senso opposto. Il 24 dicembre era infatti stata l’Ucraina a lanciare un’offensiva aerea contro l’aeroporto di Milerovo nei pressi di Rostov, nella Russia Meridionale. Mentre il giorno successivo all’attacco russo sempre nella regione di Rostov, e nello specifico presso la cittadina di Kamensk-Shakhtinsky, sarebbe stato colpito un impianto di produzione del propellente necessario al funzionamento dei missili balistici russi.

Ma durante le festività natalizie hanno trovato spazio anche novità relative ad un’ipotetica conclusione del conflitto. A offrire il contesto per queste ultime è stata la visita a Mosca del premier slovacco Robert Fico, il quale avrebbe riferito al presidente russo Vladimir Putin che il suo Paese fosse pronto ad ospitare i colloqui di pace tra Russia e Ucraina, e a svolgere il ruolo di mediatore. Un’ipotesi che non è stata scartata dallo stesso Putin, il quale ha anzi sottolineato che fosse una scelta da tenere in considerazione poichè “la Slovacchia ha una posizione neutrale dal nostro punto di vista. Per noi è un’alternativa accettabile”. Il Ministro degli Esteri slovacco Juraj Blanar ha dichiarato che la Slovacchia ha a lungo cercato una soluzione pacifica al conflitto e che i commenti di Putin sono un “segnale positivo” per la fine della guerra.

A breve distanza sono arrivate le prime reazioni critiche, con il leader dell’opposizione slovacca Michal Šimečka che ha dichiarato ai media locali che se Fico vuole la pace tra Russia e Ucraina, dovrebbe prima convincere Putin a porre fine alla guerra: “Se l’esercito russo smette di attaccare, loro [Fico e Putin] possono parlare di pace anche nel portico della casa di Fico”. Mentre il presidente ucraino ha scritto su X che Fico e Putin “non hanno rilasciato dichiarazioni congiunte né risposto alle domande dei media”, sostenendo che ciò è dovuto al fatto che “hanno paura della reazione pubblica”.

 

 

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