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Domenica mattina, stravaccato sul divano, spingo senza pensare i tasti del telecomando. Meravigliosa indolenza domenicale. Non so che ore siano, comunque fuori c’è il sole. Sono quasi spento e sto bene. Vago per i canali come un Gasperino il carbonaro dopo essere uscito dall’osteria quando d’improvviso la mia attenzione viene ridestata. Il buon Papa Francesco affacciato per l’Angelus domenicale. Torno a collocarmi nel tempo, deve essere qualcosa intorno a mezzogiorno. Il profilo bianco e ampio del buon pastore cattura la mia attenzione.

Il Papa adesso vive beatamente a Santa Marta e tutti sono ammirati dal suo stile semplice, umile. Ci manca solo che gli diano una pacca sulla spalla gridandogli “Daje Francè, facce sognà!” e poi il circo sarebbe completo. Prima o poi, speriamo ovviamente più poi che prima e che Dio l’abbia in gloria, a questo Papa ne succederà un altro. E magari avrà voglia di tornare a vivere nell’appartamento che gli spetta di diritto. E magari vorrà tornare lì perché è più comodo, perché non è socievole come Francesco, perché preferisce la vista sul colonnato del Bernini o per non so quale altro motivo.

A questo punto immaginatevi, anche io provo a immaginarlo interrompendo il mio zapping compulsivo, le reazioni del gran baraccone mediatico-moraleggiante dinanzi a questa futura scelta del prossimo Papa. Diranno, come fosse un reato, che ama il lusso, i comfort, l’appartamento affrescato e la macchina elegante. Il gran baraccone, strutturalmente anti cattolico, che adesso è stupefatto di fronte alla semplicità, all’umiltà e al pauperismo di Francesco darà una caccia selvaggia al nuovo pontefice.

Più che i fatti conta la loro interpretazione, è ben noto. Non conta quello che Papa Francesco davvero vuole dire con i suoi gesti. Conta il modo in cui vengono interpretati. Il modo in cui vengono divulgati. E soprattutto da chi vengono divulgati. Coloro che li divulgano e li celebrano sono quelli che in Occidente, per anni, si sono dati da fare per abbattere la Chiesa e tutto quello che rappresenta.

Allora sebbene io sia solo uno assopito sul divano che ha fatto troppo tardi ieri, mi sembra, umilmente e semplicemente, che la Chiesa sia sempre più percepita come niente altro che una associazione religiosa dalla morale vaga, i contenuti instabili e l’obiettivo fumoso. La sloganistica attribuita a Francesco (perché comunque gli spazi delle notizie sono quelli che sono e dopo 5 righe ci annoiamo un po’ tutti) è ancora più twitterizzata di quella di tanti politici. Così resta solo una rappresentazione di bonomia, umiltà e pauperismo che qualsiasi ONG può dare. Si perde interamente il senso della trascendenza e della celebrazione. I gesti del Papa, attraverso la loro comunicazione, assumono il significato che i sacerdoti del gran baraccone mediatico-moraleggiante decidono di attribuirgli.

E la celebrazione laica di questo pontificato, con l’esaltazione costante del senso di colpa che l’Occidente dovrebbe provare verso se stesso e con la sua retorica pauperista, mi sembra nient’altro che l’ennesima ipostasi del nostro disprezzo verso il nostro tempo e il nostro mondo.

Comunque sono solo pensieri domenicali. Me ne ritorno a sonnecchiare.

Sdraiato guardo Papa Francesco

Domenica mattina, stravaccato sul divano, spingo senza pensare i tasti del telecomando. Meravigliosa indolenza domenicale. Non so che ore siano, comunque fuori c’è il sole. Sono quasi spento e sto bene. Vago per i canali come un Gasperino il carbonaro dopo essere uscito dall’osteria quando d’improvviso la mia attenzione viene ridestata. Il buon Papa Francesco affacciato per l’Angelus domenicale. Torno a…

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