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narcolessia

di Gioia Chiostri e Roberta Galeotti

Ammalarsi di una malattia rara in Abruzzo dopo il 25 marzo 2010, significa essere condannati a morte.

La regione canaglia dell’Adriatico, piena di debiti e di malasanità, ha risanato e tamponato il proprio bilancio negando il diritto inalienabile alle cure, per tutte quelle persone che hanno scoperto di soffrire di una malattia rara dopo la delibera numero 21 del 25 marzo 2010 emanata dal commissario Gianni Chiodi.

In quella delibera si stabilisce che tutte le persone consapevoli di essere malate di una malattia rara, fino al 25 marzo 2010, hanno diritto all’assistenza sanitaria pubblica; quelle che hanno avuto la certificazione di riconoscimento dopo il 25 marzo non ne hanno diritto.

Molto spesso, a subire i malanni di un’amministrazione ‘taglia e cuci’ sono i cosiddetti soggetti deboli della società. Coloro, cioè, che – per destino o caso – indossano, nella vita di tutti i giorni, panni più pesanti rispetto a quelli più fortunati.
Sono i malati di morbi rari; una realtà quasi parallela, che in tutte le regioni d’Italia gode di leggi speciali tranne che in Abruzzo.
«Il decreto legge 279/2001 ha inserito la narcolessia tra le malattie rare» spiega al Capoluogo il presidente nazionale dell’associazione narcolettici Icilio Ceretelli, raggiunto telefonicamente a Firenze.

«In tutta Italia lo Xirem – aggiunge il presidente -, il farmaco salvavita dei narcolettici pur essendo in fascia C, è garantito dal servizio sanitario pubblico.
La Costituzione affida allo Stato la competenza esclusiva per l’individuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, ma delega alle Regioni il compito di organizzare i servizi sanitari ed erogare le relative prestazioni. Questo provoca una diversità di assistenza sanitaria tra le regioni tanto da creare differenze inique ed ingiuste. Per di più in Abruzzo, con questa assurda normativa, si assite ad un diverso trattamento per i malati della stessa malattia.

Un malato di narcolessia riconosciuto prima del 25 marzo ha il farmaco garantito dal servizio sanitario e quello ammalato dopo la stessa data deve pagare 700 euro a flacone.

Un dato sconcerta su tutti: i malati di narcolessia in Abruzzo si contano sulle dita di una mano, ergo la regione con quasi 6 miliardi di euro di bilancio, il cui 90% viene speso nella sanità, non riesce a garantire 2000€ al mese a cinque famiglie abruzzesi.

Mamma Marilena, vittima aquilana assieme a suo figlio, del cono d’ombra delle malattie cosiddette incurabili, si è trovata di fronte ad un muro insormontabile, quando al suo ragazzo di 22 anni è stata diagnosticata la narcolessia con cataplessia e quando, orrore degli orrori, ha scoperto di non avere diritto all’assistenza sanitaria.

Dopo 7 anni di calvario in cui non si riusciva a capire cosa avesse suo figlio, il professor Alessandro Rossi, primario del reparto di psichiatria di L’Aquila, ha riconosciuto e diagnosticato a giugno 2014 la narcolessia, poi confermata a Bologna.

«Questa patologia, – racconta mamma Marilena – rara e poco conosciuta, conta circa 2000 pazienti in tutta Italia. Mi sono trovata sul ciglio di un baratro, appena ho avuto a che fare con lei. E’ un morbo altamente invalidante e per sette lunghi anni abbiamo brancolato nel buio sopraffatti dallo sconforto.

Poi ho dovuto reagire ed ho scoperto il centro delle Malattie del sonno di Bologna dove mio figlio è stato curato. Il professor Giuseppe Plazzi, uno tra i più grandi ricercatori di questa malattia, ha prescritto a mio figlio lo XYREM, uno stupefacente in grado di farlo riposare bene durante la notte ed evitare che cada in cataplessie per ogni emozione forte. Questa cura mi costa 2.178 euro al mese per tutta la durata della sua vita e non ho diritto a sussidi sanitari pubblici».

Il Ministero alla Sanità non ha competenza e non può incidere sulle decisioni del Commissario alla sanità d’Abruzzo.
Il neo assessore regionale Silvio Paolucci ed il nuovo Presidente Luciano D’Alfonso sembrano essere impigliati nei grovigli burocratici, così ogni mese che passa mamma Marilena e la sua famiglia sono sempre più soli e sempre più rancorosi, consapevoli di essere vittime di una ingiustizia senza eguali.

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