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Fosse una mano di poker, si potrebbe dire che quando il piatto è ricco i giocatori al tavolo ci si ficchino. Pur non trattandosi di una partita a carte, Expo 2015 è pur sempre una sorta di scommessa che vede in palio non solo l’immagine e  – diciamolo – il prestigio e l’onore del nostro Paese. E’ un’opportunità straordinaria per il sistema economico non solo di Milano e della Lombardia, bensì per tutto il Paese, con ricadute benefiche in termini di visibilità, nuove iniziative, indotto ed occupazione.

In questi giorni – dopo anni di polemiche iniziali, ritardi ed intoppi, nomine e revoche di amministratori che si sono succeduti fino a quella di Sala – arriva la tempesta degli arresti su ordine della Procura di Milano, a sua volta nella bufera. Poche settimane fa, l’ondata aveva travolto i vertici di Infrastrutture Lombarde, la società di Regione Lombardia incaricata dei lavori in un cantiere che, dati gli intoppi, anche senza le tristi vicende necessita comunque dell’aiuto della Provvidenza divina perché sia realizzato in tempo utile, ovvero tra solo un anno.

Un inciso: trovandomi a Dubai nelle scorse settimane, ho avuto l’occasione di assistere di persona al fermento in quella città per l’edizione di Expo 2020: per un attimo è sorto il dubbio che nell’emirato si fossero sbagliati e stessero lavorando pensando che la scadenza sia il prossimo anno. Ma tant’è, quella è una città dove le chiacchiere stanno a zero, si bada al sodo e certe meschinità non accadono: l’Emiro non si è mai dimostrato tenero verso i corrotti ed i ladri.

Ora, in attesa di scoprire quali ulteriori tristi novità ci aspettano, eventuali possibili altri coinvolgimenti di nomi e personaggi famosi o meno noti, mentre su molti giornali stranieri si riaprono le danze con articoli sul Belpaese della corruzione e degli affari sporchi, non si cada nell’errore idiota del disfattismo stupido, inutile e pericoloso dei soloni moralisti che auspicano o chiedono addirittura che si rinunci a Expo, che si dichiari al mondo intero che siamo un popolo di incapaci e disonesti, faccendieri e manigoldi. Da italiano non ci sto, mi darebbe un enorme fastidio il dover cedere le armi alla rassegnazione della rinuncia, il sentirmi cittadino del Paese dei Tafazzi.

Se, come appare ogni ora più evidente, un sistema malato fatto di cooptazioni e di relazioni, non basato sul merito e le capacità individuali ancora una volta ha generato il rischio di inciampare, ci si preoccupi di intervenire immediatamente per smontarlo e far sì che non solo Expo, ma tutta l’Italia non corra pericoli e si giunga così a dimostrare ciò che migliaia di italiani ogni giorno attraverso il loro lavoro testimoniano al resto del mondo: siamo un popolo eccezionale, certamente non normale o perfettamente organizzato, a volte magari arruffone e un po’ patacca (o pirla, a seconda dei dialetti), ma sicuramente siamo quelli che hanno saputo costruire Roma, Venezia, Firenze, esportato l’arte, il buon gusto e l’eleganza: il nostro onore non può e non sarà scalfito da una meschina e volgare vicenda.

A maggio 2015 con fermezza, fiducia e coraggio, sia Expo Milano e sarà il lato bello, straordinario, il migliore di tutti noi. Viva Expo!

Non possiamo non gridare "Viva Expo 2015"

Fosse una mano di poker, si potrebbe dire che quando il piatto è ricco i giocatori al tavolo ci si ficchino. Pur non trattandosi di una partita a carte, Expo 2015 è pur sempre una sorta di scommessa che vede in palio non solo l’immagine e  - diciamolo – il prestigio e l’onore del nostro Paese. E’ un’opportunità straordinaria per…

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