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Il commento più bello lo ha fatto Fred Wertheimer, presidente della no profit Democracy21 “La Corte Suprema ha trasformato il nostro sistema rappresentativo in un parco giochi per milionari e miliardari americani”. Parliamo naturalmente dell’ultima sentenza della Corte Suprema statunitense, McCutcheon V. FEC, che ha eliminato un altro vincolo al finanziamento (privato) ai candidati a competizioni elettorali negli Stati Uniti, questa volta quantitativo.

Che significa “parco giochi”? Andiamo con ordine. Prima della sentenza la legge federale americana poneva un limite massimo (valido per ciascun biennio) di 123,200$ per le donazioni. Più esattamente, i limiti erano due. Uno di 48,600$ per le donazioni ai singoli candidati e l’altro di 74,600$ per i partiti o i PAC (cioè i comitati elettorali che si creano in occasione delle tornate elettorali, il cui scopo è ovviamente raccogliere fondi per sostenere le campagne dei candidati).

Con la sentenza in realtà i limiti alle donazioni private non vengono aboliti completamente. Ma sono resi molto – ma molto – meno stringenti. Ossia: si potranno donare fino a 2600$ per elezione a ciascun candidato, fino a 32,400$ l’anno per ciascun comitato elettorale nazionale, fino a 10000$ l’anno per ciascun partito statale, e fino a 5mila$ per ciascun PAC federale. Fate due conti. Ciascun donatore potrà elargire a qualsiasi candidato in qualsiasi tornata elettorale per la House o per il Senato. Il che – calcola la no profit Open Secrets – aggiungerà sul piatto altri 2,4 milioni di dollari. Lo stesso donatore potrà versare fino a 97200$ l’anno a favore di 3 comitati di partito a livello nazionale (presumendo che doni solamente a favore di un partito, il che rende la presunzione valida per i singoli cittadini, non per le imprese), oltre ad almeno altri 500mila$ per i partiti statali o locali. A tutto questo si aggiungono i soldi provenienti dai PACs. Sempre secondo i calcoli di Open Secrets ce ne sono almeno 1600 potenzialmente in grado di contribuire ai finanziamenti a favore dei politici di carriera statunitensi.

Vi siete persi? Ricapitoliamo. Sommando le donazioni che ciascun individuo potrà versare a favore dei partiti (1,2 milioni di dollari), quelle che andrebbero direttamente ai candidati (altri 2,5 milioni), più quelle – non quantificabili – provenienti dai PACs, la frase del “parco giochi per miliardari” comincia ad avere senso compiuto.

Ora il problema – se di problema vogliamo parlare – può essere esaminato sotto tanti punti di vista. Qui interessa quello del potere dei grandi gruppi di pressione e delle conseguenze distorsive che potrebbero prodursi sugli equilibri democratici. Indubbiamente le grandi aziende – che già spendono cifre consistenti in donazioni – e i grandi gruppi di interesse – le varie “Confindustrie” che rappresentano i settori economicamente più forti: le armi, la farmaceutica, la ristorazione, per dirne alcuni – si avvarranno del nuovo regime. C’è da aspettarsi un aumento generalizzato delle donazioni elettorali, con tutte le conseguenze che comporta. Ossia, un vincolo “morale” sempre più forte tra donatori e riceventi (da riscuotere a elezione avvenuta) e un ruolo sempre meno determinante della società civile.

Quest’ultima, la società civile, avrà un solo modo per preservare un controllo sui propri rappresentanti: monitorarne l’attività in modo implacabile, con la pretesa della trasparenza totale. C’è chi si organizza già (Qui una iniziativa di Open Secrets). Altri si aggiungeranno. Il parco giochi potrebbe rivelarsi meno divertente di quanto lasciano intuire le premesse.

 

 

il parco giochi dei miliardari

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