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Mai come negli ultimi anni i progressi in campo biomedico sono stati resi possibili da una stretta collaborazione tra biologici – medici da una parte e ricercatori di discipline differenti, come informatica, ingegneria, fisica e chimica dall’altra. E il futuro si prospetta ricco di novità. Ad esempio nel campo della messa a punto dei lab-on chip, un termine che identifica dispositivi miniaturizzati di pochi millimetri o centimetri quadrati che possono fare analisi fino ad oggi svolte in laboratori di analisi o di ricerca con strumenti molto più grandi e costosi. Questi laboratori in miniatura permettono di analizzare volumi estremamente piccoli di liquidi dell’ordine dei picolitri (un milionesimo di milionesimo di litro). Anche se molto rimane da fare per definire le proprietà di questi nuovi strumenti, il loro sviluppo è garantito dai numerosi vantaggi che potrebbero derivare dal loro impiego. Ad esempio la possibilità di poter lavorare con quantità infinitesime di campioni, in condizioni estremamente controllate con abbattimento dei costi e dei tempi di analisi. Molte sono le applicazioni possibili. Anni fa avevo visto un prototipo di macchina per PCR, una tecnica normalmente utilizzata nei laboratori bio-medici per l’analisi dei campioni di DNA ed RNA e resa famosa dalle serie televisive tipo CSI o RIS- delitti imperfetti. Lo strumento in questione aveva le dimensioni di un mouse da computer e riusciva a fare l’analisi di campioni infinitesimi di sangue (meno di una goccia) in poche decine di minuti.
Nel campo della messa a punto dei Lab-on-Chip si muovono anche alcuni Istituti del CNR. E’ di questi giorni una pubblicazione (Optics Express: http://www.opticsinfobase.org/oe/abstract.cfm?uri=oe-19-23-23215) che coinvolge ricercatori dell’Istituto Nazionale di Ottica del CNR con sede a Firenze e dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi del CNR a Catania, in collaborazione con Rowland Institute di Harvard di Cambridge (Massachusetts) e Centro di fecondazione assistita di Napoli. I ricercatori hanno messo a punto uno dispositivo per per valutare la motilità e la morfologia tri-dimensionale degli spermatozoi, un sistema che può aiutare gli studi sulla infertilità maschile, anche ai fini della fecondazione assistita. “Gli attuali sistemi di analisi utilizzati per valutare la motilità degli spermatozoi”, spiega Giuseppe Coppola dell’Imm-Cnr di Napoli, “si basano su immagini bidimensionali e quindi non forniscono una informazione completa sul reale e naturale ambiente nel quale si muovono le cellule. La concentrazione e la mobilità degli spermatozoi sono lasciate a valutazioni visuali soggettive o a processi di analisi al computer sempre bidimensionali”. Con questo strumenti invece “è possibile osservare il movimento degli spermatozoi nello spazio tridimensionale e al contempo individuarne eventuali anomalie di forma o di struttura, consentendo quindi di studiare e comprendere meglio i problemi di infertilità”.
Un aspetto interessante di questo strumento è l’impiego di luce laser a potenze tali da evitare danni alle cellule e senza la necessità di marcarli con composti fluorescenti. Negli ultimi anni molti gruppi di ricerca stanno utilizzando sorgenti laser, ad esempio veicolate su fibre ottiche, al fine di monitorare la sofferenza tissutale in campi operatori o per fare biopsie ottiche. Gli ologrammi tridimensionali prodotti dai ricercatori del CNR dell’Imm possono rappresentare uno straordinario strumento diagnostico che sarà cruciale nel futuro per l’imaging e la diagnostica nel settore delle biotecnologie su piattaforme Lab-on-a-Chip.

La miniaturizzazione e le immagini tridimensionali aiutano gli studi sulla infertilità maschile.

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