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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Diceva Alfred Hitchcock che «la durata di un film dovrebbe essere direttamente commisurata alla capacità di resistenza della vescica umana». Lo posso dire con brutalità? Osservando il film della spending review la mia vescica (intellettuale) ha raggiunto il livello massimo di sopportazione. Riavvolgiamo la pellicola. Nell’ottobre scorso, Carlo Cottarelli, dall’impeccabile curriculum internazionale, viene nominato «Zar della Spending Review». È un ruolo inventato da Monti: altrove, il compito di rado viene affidato ad un esterno, spesso è svolto congiuntamente da funzionari del ministero dell’Economia e della Ragioneria.

I TAGLI DI MONTI

Probabilmente Monti, volendo essere confortato nell’assumere decisioni impopolari, scelse un grande manager, Enrico Bondi, per fare il «lavoro sporco», sotto la copertura formale di eliminare gli «sprechi», senza conoscere o accettare il principio che «non esistono sprechi non legati alle persone». Per fare un esempio banale, il vero spreco non è «l’auto blu», ma sono gli «autisti blu» Siamo attrezzati psicologicamente per i primi, non per i secondi. Avendo Monti, già in sede di conferenza stampa, detto che i lavoratori in esubero non sarebbero stati toccati, ma spostati, il povero Bondi, subito «depotenziato», lottò contro l’apparato, poi gettò la spugna.

LETTA

Letta riprese il modello, dandogli una dimensione più vasta, di ristrutturazione e di riposizionamento strategico della struttura organizzativa dell’intero impianto statale di spesa e di funzionamento, pur senza dirlo esplicitamente. Scelse Carlo Cottarelli, assicurò che tutti i risparmi sarebbero andati sia a riduzione delle tasse che a «riduzione del debito» (decisione da statista).

E RENZI

Arriva Renzi, e con la fretta che lo connota, si inventa 7 miliardi di risparmi per il 2014 (su base 12 mesi), mentre Cottarelli aveva detto in Commissione 3 (su base 8 mesi, circa 4,5 su base 12), e se li «vende» in tv (prima ancora di realizzarli), per la copertura dei 10 miliardi del «bonus Irpef» (su base 12 mesi). Quando glielo fanno notare, reagisce con stizza: «Come mamma e babbo in famiglia diciamo noi cosa tagliare», ma si guarda bene dal dirlo, soprattutto dal farlo.

Ogni giorno che passa senza una sua «decisione» su cosa, dove, come «tagliare», la «copertura» dell’anno in corso si riduce. La fedele Madia si affretta a definire gli 85 mila statali superflui (Brunetta aveva parlato complessivamente di 600 mila), degli «esonerati dolci» (5 anni di volontariato a salario garantito al 70% e poi pre-pensionamento? Non ci posso credere). Se passasse questa doppia sconcezza, sarebbe un autentico ceffone ai lavoratori privati e alle «partite iva» che hanno perso il posto o l’azienda, pagando di persona, molti diventando esodati. Il Presidente Napolitano si è affrettato a intervenire, usando una locuzione politicamente complessa nella sua oscura raffinatezza: «.. passare da tagli immotivati a tagli ragionati in base a un nuovo ordine di priorità».

L’INCAPACITA’ DI RENZI

Anche se suo malgrado, il ruolo di Carlo Cottarelli diventerà la cartina di tornasole del Governo Renzi. È sufficiente leggere, tra le righe, gli scritti dei più scafati di noi analisti per rilevare che forse stiamo per arrivare al cuore del problema: scoprire l’incapacità di Renzi a smantellare la lobby dei dipendenti pubblici, che è molto più articolata di quello che superficialmente può apparire. Stante il mandato ricevuto, gli esuberi di Cottarelli sono «pesci piccoli» (85 mila, ma piccoli), Moretti e gli altri alti dirigenti delle grandi imprese pubbliche sono «pesci rari» (operano in un «mercato» che non esiste, ma sono irrilevanti), gli squali da abbattere sono ben altri.

GLI SQUALI DA ABBATTERE

Costoro sono solo qualche migliaio, però occupano i gangli chiave dell’amministrazione di tutti gli enti pubblici, centrali e periferici, si muovono compatti, come i branchi di sardine nel mare, all’esterno i meno importanti, al centro i leader, neppure i grandi pesci voraci riescono ad entrare nella loro nuvola marina. Per costoro sarebbe errato farne un problema di «tetto» di retribuzione, anche se guadagnano tre volte più dei loro colleghi americani, ma di loro utilità, peggio dei «freni» che essi praticano.

COSA FARA’ RENZI

Capiremo subito se Renzi è caduto nelle loro spire: se protegge i protetti, se ricorre a trucchi contabili, se sposta nel tempo le decisioni, se sceglie finti bersagli tipo Moretti o Squinzi o Camusso, al limite, se mette sotto schiaffo Cottarelli, vuol dire che anche lui è come gli altri premier che l’hanno preceduto, e allora dagli squali verrà prima annusato (fatto), poi masticato, quindi digerito. Ha una sola opzione: licenziarli tutti, dalla sera alla mattina, semplificare il modello organizzativo, metterci giovani. Limitarsi a ridurre i loro compensi, anche se sarebbe la prima volta, sarebbe un errore strategico.

Ai politici, forse al grande pubblico, sembra un’oscenità, ma è ciò che fanno i grandi manager che salvano le aziende dal fallimento, è ciò che ha fatto Marchionne con le cariatidi vecchie (e giovani) del Lingotto e di Mirafiori. Se ne è liberato così, semplicemente, dalla sera alla mattina, senza fare analisi o valutazioni singole.

Ricordo quando da giovane, analizzando i dati di marketing di certi business, ci dicevamo «se nel tubo entra spazzatura, esce spazzatura».

Chi sono gli squali che accerchiano Renzi

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