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“Negli anni Trenta, le ristrettezze del bilancio della difesa seguite alla Grande Depressione portarono a una riduzione delle costruzioni, a una contrazione dell’industria navale e a un crescente divario tra le capacità della nostra Marina e quelle del Giappone imperiale. L’America degli anni ’30 possedeva una flotta troppo piccola e non sufficientemente equipaggiata per la guerra”. Con queste parole l’ammiraglio Lisa Franchetti, divenuta ufficialmente capo della US Navy nel novembre scorso, ha lanciato l’allarme sull’impreparazione della componente navale delle forze armate Usa durante l’annuale conferenza della Surface Navy Association.

Nel periodo interbellico, il Giappone nazionalista e revisionista aveva intrapreso un programma di riarmo navale che lo aveva fatto assurgere al rango di potenza marittima nel teatro del Pacifico. Per fronteggiare questa sfida, la marina di Washington aveva dovuto riformare sé stessa, dotandosi di nuove navi e sviluppando nuove tattiche capaci di integrare le novità più recenti, come ad esempio lo strumento aereonautico.

Con l’aiuto degli esperti del Naval War College, i vertici della US Navy realizzarono molteplici simulazioni di campagne navale, ipotizzando secondo quali dinamiche avrebbe potuto svolgersi una guerra futura contro i giapponesi e altri potenziali avversari. I risultati di queste simulazioni hanno sono stati utilizzati nel processo di pianificazione di una nuova dottrina navale, che includeva non solo le tattiche di combattimento, ma anche la composizione della flotta stessa. Passando da una strategia incentrata sulle grandi navi da guerra di superficie alla strategia di una forza navale che integrasse perfettamente asset di superficie, asset aerei e asset sottomarini. La stessa che avrebbe portato alla vittoria gli Stati Uniti contro il Giappone nella seconda guerra mondiale.

La Marina degli Stati Uniti si trova oggi in una situazione simile a quella di quasi cento anni fa (al posto del Giappone oggi c’è la Repubblica Popolare, che non viene però mai nominata direttamente nel discorso), con una piccola finestra per innovare e rafforzare rapidamente la flotta. “Abbiamo potenziato capacità come il Naval War College e i nostri centri di sviluppo per il combattimento bellico al fine di permettere a tutti coloro che abbiano responsabilità dirigenziali a qualsiasi livello di pensare in modo diverso a come dobbiamo operare in ambienti complessi e in rapido cambiamento. La Marina cercherà di mettere in grado le nuove generazioni di leader di sperimentare nuovi concetti e tattiche in una serie di esercitazioni della flotta e non solo” ha detto Franchetti. La Chief of Naval Operations ha poi individuato nel combattimento, nei combattenti e nelle loro rispettive fondamenta le tre priorità su cui concentrerà gli sforzi durante il suo mandato.

La prima priorità comprende l’identificazione di ciò che è necessario per la capacità operativa della US Navy e per la sua collaborazione con gli alleati. La seconda include l’empowering dei leader e l’attenzione al reclutamento: la Marina non ha raggiunto gli obiettivi di reclutamento nell’anno fiscale 2023 e ha fissato obiettivi più alti per l’anno fiscale 2024. Infine, l’attenzione per le fondamenta inquadrate nella terza priorità si riferisce al miglioramento della fiducia del pubblico americano nella Marina, assieme all’incoraggiamento di una collaborazione continua con l’industria della difesa e il Congresso.

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