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Il mondo dei semiconduttori funziona come una catena. Gli Stati Uniti progettano, Taiwan produce, Paesi Bassi e Giappone forniscono le macchine per incidere i circuiti. La Cina, fino a poco tempo fa, dipendeva fortemente da questo sistema.

Con i processori Ascend, Huawei prova a spezzare l’interdipendenza delle supply chain in materia di semiconduttori con soluzioni chilometro zero (con HiSilicon), producendo con Smic software propri, così da non dover più passare da Nvidia, il colosso americano delle Gpu. L’interruzione di queste catene, se concretizzata, rappresenterebbe un cambio di livello nei rapporti commerciali e nei rispettivi risvolti tecnologici e geopolitici tra Usa e Cina, riscrivendo le regole dell’utilizzo delle supply chain come leva di politica internazionale. Una autosufficienza che riguarda i semiconduttori ma guarda molto più lontano, abbracciando visioni geopolitiche globali ed espansioni territoriali militari.

Visti all’interno

Un’indagine di TechInsights, riportata da Bloomberg, ha però svelato che l’autosufficienza cinese è ancora lontana. Nei chip Ascend 910C,  l’ultimo modello, entrato in produzione di massa nel 2025,  sono infatti stati trovati pezzi chiave realizzati da aziende straniere: i die (il cuore del chip) prodotti da Tsmc a Taiwan e le memorie ad alta velocità (Hbm2E) realizzate da Samsung e Sk Hynix in Corea del Sud. Quest’ultime fondamentali per i calcoli dell’intelligenza artificiale. Senza Hbm, i chip non riescono a gestire i flussi di dati che servono ad addestrare i modelli.

Il bottino

Come ha fatto Huawei ad avere accesso a componenti sottoposti a embargo? Il colosso cinese sembra abbia accumulato scorte significative prima che le restrizioni entrassero in vigore. Come nel caso dei circa 2,9 milioni di die Tsmc (e di Hbm) arrivati a Huawei attraverso un intermediario, Sophgo, poi bloccato da Washington e da Tsmc stessa. Il bottino permetterebbe a Huawei di produrre ancora i 910C almeno fino a fine 2025, consentendo mesi di vantaggio per la ricerca di soluzioni interne o alternative ai prodotti vicini a Washington.

Nel conflitto tecnologico tra Usa e Cina, finché Tsmc resta indispensabile, Pechino non può fare a meno di una filiera che passa da Taipei e, indirettamente, da Washington. E finché le memorie Hbm sono prodotte da pochi attori, Sk Hynix, Samsung e Micron, Pechino resta vulnerabile e non autosufficiente.

Pechino, Washington e Taipei

L’obiettivo di Huawei è replicare il mondo Nvidia, partendo dai chip e volendo estendere il proprio sistema a linguaggi di programmazione e piattaforme software che rendano i suoi processori totalmente indipendenti dall’ecosistema americano. Questo spiega perché Washington continui a colpire non solo i semiconduttori finiti, ma anche gli strumenti di progettazione (Eda), i macchinari di litografia e persino le memorie.

Per Pechino, riuscire a produrre semiconduttori avanzati senza passare da Taiwan significherebbe blindare la propria capacità di sviluppare intelligenza artificiale e sistemi militari, in attesa di concretizzare programmi di quantum computing militari già in via di sviluppo. Da Washington, impedire l’indipendenza di Pechino riguardo semiconduttori e supply chain dei chip rimane una priorità strategica. A Taipei, restare al centro della catena globale significa essere al tempo stesso scudo e bersaglio, ma comunque tassello imprescindibile, nel confronto globale dei semiconduttori.

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